Navigando su e giù per la rete ho trovato una notizia che è di mio interesse, ovvero quella di un compleanno speciale: I 90 Anni della Warner Bros.
Conosciuta anche come Warner Brothers Entertainement non si tratta altro che della più importante casa di produzione cinematografica e televisiva degli Stati Uniti d'America (non a caso ha la sua sede in California, a Burbank).
Nata nel 1918 dall'idea di quattro fratelli, Harry (il presidente), Albert, Sam e Jack Warner che fondarono il primo studio sul Sunset Boulevard di Hollywood, a partire dal 1923 si spostano in California.
Utilizzando nuove tecnologie industriali riguardanti apparecchiature sonore, i Fratelli Warner, danno vita nei loro studio ai primi film con sonoro in sottofondo, producendo nel 1926 il loro primo film che è "Don Giovanni e Lucrezia Borgia" con l'attore John Barrymore, per la regia di Alan Crosland.
L'uso di queste nuove apparecchiature permette agli studio della Warner di guadagnare il loro primo Premio Oscar speciale proprio per il loro apporto allo sviluppo del cinema.
Nel 1927 girano il primo film interamente parlato "Lights of New York".
A partire dagli anni '30, lo studio, si specializza nella produzione di film dallo stile rude e che mostrano ora anche delle tematiche sociali rilevanti, come ad esempio i film riguardanti serie gangster quali: Nemico Pubblico (1931) con James Cagney oppure Una pallottola per Roy (1941) con Humphrey Bogart.
Oltre ai film sui malviventi, i fratelli Warner, iniziano ad avvicinarsi anche al Musical e dai loro studio escono produzioni come: Quarantaduesima strada e La danza delle luci.
Sempre negli anni '30, la Warner Bros, inizia a produrre la fortunata serie di cartoni animati della Looney Tunes, che ancora oggi appassionano i bambini e gli adulti (a chi non piace il simpatico e turbolento coniglio Bugs Bunny ?).
Sono però gli anni dopo la guerra che portano la Warner al successo totale, grazie a produzioni di film che diverranno in seguito pietre miliari del cinema mondiale; basti pensare a: Casablanca (sempre Bogart protagonista affiancato dalla bellissima Ingrid Bergman); Il romanzo di Mildred (con la conturbante presenza di Joan Crawford); Gioventù bruciata (con l'eterno James Dean) e il conosciutissimo My Fair Lady (con la grande Audrey Hepburn).
Nel 1967, la società viene rilevata e cambia il nome in Warner Communications.
Oggi la Warner fa parte dello stesso gruppo editoriale del Time Magazine e si è specializzata anche in serie televisive di successo (ad esempio Smalville, qualche anno fa di moda tra i giovani, e Dawson's Creek).
La Warner ha al suo attivo migliaia di produzione di svariato tipo che non si limitano solo semplicemente ai film ma che varcano anche altri confini quali quelli dell'animazione, delle serie televisive o di tanto altro materiale produttivo.
Auguri di Buon Compleanno allora a questo splendido Novantenne.
Fonti:
http://www.wikipedia.it
http://trovacinema.repubblica.it/news/dettaglio/tanti-auguri-warner-bros-i-90-anni-di-un-colosso-del-cinema/436376
Iniziamo
Arrivo tardi come al solito nel mondo informatico e mi cimento
cosi' per la prima volta con un Blog ....
Ma come dice il famoso detto popolare "Meglio tardi che mai".
Il seguente Blog tratta pertanto svariati argomenti: si va dalla vita personale a Fotografie, dalla Letteratura all'Arte in generale (Musica, Teatro, Cinema), dalla Storia alle Biografie di personaggi famosi, Viaggi, Ricette di Cucina, Eventi e notizie in generale.
Percio' Benvenuto a chiunque voglia seguire queste pagine.
cosi' per la prima volta con un Blog ....
Ma come dice il famoso detto popolare "Meglio tardi che mai".
Il seguente Blog tratta pertanto svariati argomenti: si va dalla vita personale a Fotografie, dalla Letteratura all'Arte in generale (Musica, Teatro, Cinema), dalla Storia alle Biografie di personaggi famosi, Viaggi, Ricette di Cucina, Eventi e notizie in generale.
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mercoledì 25 settembre 2013
lunedì 23 settembre 2013
Storia del Teatro Italiano Moderno e Contemporaneo parte prima: 1875-1936. Qualche vecchio appunto.
Sfogliando qualche vecchio appunto universitario ho deciso di postare di tanto in tanto qualche argomento nuovo che rientra in quell'ambito che mi è di reale interesse: il Teatro.
Se in passato ho messo a disposizione di chi legge il blog gli appunti delle lezioni di filosofia estetica, oggi voglio invece (ovviamente suddividendoli in più post argomentativi che si protrarranno nel tempo, diciamo circa uno al mese) scrivere della Storia del Teatro e di tutto ciò che ad essa consegue.
Avviso da subito che non seguirò un ordine preciso (anche se tra le etichette troverete, alla voce Teatro, nella colonna a fianco, tutto quello che cercate in modo che possiate seguire un vostro percorso e non necessariamente il mio) ma che farò l'inverso di ciò che tendenzialmente si usa fare, ovvero partirò dalla Contemporaneità per arrivare a ritroso nel tempo al teatro delle origini.
Per fare ciò partirò dal '900, secolo che ha visto vere e proprie rivoluzioni nel settore e che ha modernizzato in brevissimo tempo tutto il concetto stesso di Teatro, per poter stare così al passo con il suo rivale iniziale, il Cinema, e dove si sono messi in discussione tutti gli statuti teatrali classici (dalla Drammaturgia del Testo scritto fino al Ruolo dell'Attore, dalle Scenografie fino alla nascita di una nuova figura: quella del Regista).
Inoltre prenderò in esame solo il nostro teatro, quello italiano, in quanto scrivere anche di quello europeo sarebbe come gettarsi in un burrone senza fine.
Attenzione però che dei piccoli passi o delle piccole citazioni o dei brevi confronti con il teatro europeo ovviamente saranno in minima parte d'obbligo e trascritti nel post, in quanto il nostro teatro ha comunque subito le influenze (ed ha a sua volta influenzato egli stesso) dei vicini di casa.
Ovviamente segnali di insofferenza che hanno portato ad un nuovo modo di Fare e Pensare il teatro arrivano già dalla seconda metà dell'Ottocento, dove si è lavorato affinché con l'arrivo del nuovo secolo ci si potesse appunto "svecchiare" in larga parte.
Per tentare di chiarire meglio il discorso, prendo a prestito le parole che si ritrovano scritte sul libro del professor Cruciani, intitolato "Civiltà teatrale nel XX secolo", dove si può leggere infatti:
E' con il Naturalismo che si segna la fine a teatro di una egemonia.
Ora il teatro non è più solo cultura ed arte, ma diventa anche impresa economica ed attività sociale.
Nel 1887, il giovane André Antoine fonda il Théatre Libre e grazie ad esso iniziano a cambiare le leggi teatrali che non sono più quelle classiche convenzionali ma sono ora quelle della verità rappresentativa...
Se il Naturalismo ha dunque rotto con le convenzioni classiche, in reazione a questo movimento ora il teatro cerca la propria libertà e si vuole nuovo e moderno.
Antoine, come gli studiosi teatrali ben sanno, è solo uno dei tanti nomi importanti che si ritrovano in questa corsa alla rimodernizzazione; con esso si hanno soprattutto innovazioni in campo scenico (scenografie ed illuminotecnica) oltre ad una ricerca di totale autonomia, libera dalla prigionia dei censori e dalle richieste del mercato teatrale tradizionale, puntando a nuovi autori emergenti (in particolar modo aprendo ad autori esteri) e a nuove tecniche della messa in scena.
Oltre ad Antoine, infatti, altri nomi che hanno reso possibile la modernizzazione del teatro sono quelli del famoso russo Stanislavskij (che inaugurando il suo Teatro d'Arte a Mosca, pone innovazioni nel settore attoriale e le basi per la creazione della moderna regia); il nome di Wagner ed Ibsen in Germania e quello di Shaw in Inghilterra.
Ripeto che questa è solo una piccola fetta di nomi di grande rilevanza che si collocano in un panorama culturale ben più vasto e complesso e di cui si avrà magari modo di parlarne in post futuri.
Fino ad ora si può riassumere scrivendo che:
Il Teatro di fine Ottocento fissa in modo stabile alcune nuove regole, soprattutto quelle riguardanti l'educazione scenica (lo spazio) e la percezione che di esso si ha.
Generalmente, gli storici teatrali, tendono a fissare la data di queste innovazioni a partire dal 1875.
Da questa data in poi, inizia un nuovo processo di trasformazione che genera nuove forme di teatro contemporaneo. Ciò avviene anche grazie alla Rivoluzione Industriale e all'avvento di nuove tecnologie nella vita quotidiana dell'uomo, basta pensare ad esempio all'introduzione della Luce Elettrica che sostituendo quella vecchia a Gas cambia completamente il modo di esistere in privato come in pubblico e cambia il modo di stare sul palcoscenico da parte degli attori.
Inoltre, nuovi materiali in uso in architettura, come ad esempio il cemento, il ferro e il vetro, portano all'attenzione di chi di dovere anche l'aspetto architettonico del teatro.
Oltre allo spazio vi è anche, dalla fine dell'Ottocento, chi si inizia a preoccupare dell'interpretazione dell'Attore e del Testo Drammaturgico che si porta in scena.
Se prima nei teatri vigeva la legge del Capocomicato, ossia vi era la figura di un responsabile generico, il capocomico appunto, che gestiva varie singole situazioni lasciando ampio spazio libero di recitazione ed interpretazione agli attori, adesso invece, nel teatro moderno, nasce una nuova figura: quella del Regista, che si occupa soprattutto della gestione degli attori (tenendoli a freno ed indirizzandoli sulla giusta via interpretativa) e nascono anche nuovi modi di pensare e di trasporre di fronte al pubblico il Testo teatrale.
Altra data importante nel settore è quella del 1900, dove con l'Esposizione Universale si segna l'incontro per la prima volta tra il mondo Occidentale e quello Orientale. In particolare sarà il Teatro Kabuki (proveniente dal Giappone) ad influenzare alcuni dei più grandi artisti del Novecento (ad esempio Ejzenstein o Brecht).
Deteatralizzare è dunque la prima parola d'ordine che personaggi come Antoine e Stanislavskij usano per cambiare il modo di fare teatro, ripartendo da zero contro tutte le vecchie convenzioni accatastatesi nel corso dei secoli.
Riteatralizzare è invece quella che usano altri importanti personaggi del mondo teatrale e culturale di inizio Novecento, come ad esempio Appia e Craig (ma al loro fianco ci sono miliardi di altri nomi come, giusto per citarne alcuni, Artaud, Copeau, Evreinov, Mejercol'd), che tentano ora di trovare e dare spazio a qualcosa di differente.
Così come altre due parole chiave risultano essere adesso quelle di "Professionismo e Dilettantismo".
Professionismo è quello delle grandi Compagnie dei grandi Attori; Dilettantismo è invece nascosto dietro le nuove forme di sperimentazione.
Mentre i nomi citati fino ad ora agivano dalla propria nazione per poi esportare ed influenzare con i loro modelli anche il resto del mondo, in Italia, invece, il primo nome che viene a mente di chi ha rappresentato le tendenze innovatrici (come Corpo, Spazio e Testo) è quello di Eleonora Duse.
Muovendosi a cavallo tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, la Duse arriva ad un suo personalissimo Teatro del Personaggio forzando al limite le possibilità del Teatro di Repertorio fino a farne qualcosa di completamente diverso ed originale.
Eleonora Duse ha una carriera davvero particolare; nata a Vigevano nell'ottobre del 1858, proviene da una famiglia di attori e con loro e la compagnia teatrale con cui lavoravano viaggia fin da piccola girovagando per l'intera nazione.
Sulle scene fin dall'età di 4 anni, la Duse, crescendo lascia la famiglia per trovare nuovi spazi e ruoli di primaria importanza presso altre compagnie teatrali.
Nel 1879 ha la sua prima tourneè estera, a Parigi, dove conquista la fama anche a livello internazionale interpretando il ruolo di Teresa Raquin che le valse una lettera di plauso dallo stesso autore dell'opera: Emile Zola.
Nel 1897 conosce ed instaura una relazione con il noto scrittore Gabriele D'Annunzio.
Quest'ultimo ha scritto per lei le sue prime opere teatrali e sempre grazie alla Duse il teatro dannunziano si afferma anche in Europa.
Eleonora Duse si fa strada però per le sue superbe interpretazioni di personaggi principali femminili di Ibsen, come per esempio: Nora in Casa di Bambola; Hedda in Hedda Gabler; Elena Alving in Spettri.
La rivoluzione per la modernizzazione del teatro la Duse l'ha fatta soprattutto grazie alle sue grandi qualità di attrice; possedeva infatti una enorme penetrazione psicologica che la rendeva diversa per ogni ruolo. Seguendo il metodo del teatro russo stanislaskijano, la Duse, si affidava a stimoli interiori per produrre le manifestazioni esteriori appropriate.
Rifiutava di usare il trucco e senza la declamazione affettata che caratterizzava gli altri attori dell'epoca raggiungeva risultati di estrema efficacia, dove la sua recitazione risultava essere così più vera e spontanea, meno fasulla.
Nel 1886 diventa persino capo-comica dirigendo da sola le sue produzioni.
Muore a Pittsburgh, in America, nel corso di una tourneè teatrale.
Se la Duse apporta cambi significativi nel campo attoriale, altri personaggi si occupano invece di svecchiare altri settori del teatro.
Ricordiamo, come sopra è stato comunque già scritto, che erano anni di Sperimentazione e in Italia, fondamentale per lo sviluppo del teatro novecentesco è stato un movimento giovane conosciuto con il nome di: Movimento Futurista.
Lanciato da Filippo Tommaso Marinetti, con il "Manifesto" che comparve sulla prima pagina del giornale francese "Figaro" nel febbraio del 1909 e che nasceva inizialmente come movimento letterario, con il tempo il futurismo si applicò anche al resto delle arti visive e alla musica.
I futuristi esaltavano principalmente i valori dell'energia e della velocità dell'era meccanica.
Non a caso, con il movimento, Marinetti elegge il teatro a strumento privilegiato di propaganda bellica nel 1913.
Dal 1910 in poi furono organizzate serate in cui si leggevano i loro manifesti, le loro composizioni letterarie, si tenevano concerti, si rappresentavano spettacoli di arte visiva.
Non sempre però l'accoglienza era favorevole e spesso i futuristi venivano per lo più accolti da fischi ed urla.
Nonostante in Italia non fossero del tutto compresi ed apprezzati, i futuristi, furono comunque ben visti all'estero per le loro idee che si diffusero soprattutto tramite gli articoli dei giornali.
Importante, dal punto di vista teatrale, è stato il manifesto del 1915 intitolato "Teatro futurista sintetico", scritto da Marinetti, Bruno Corra ed Emilio Settinelli, dove si condannava il dramma tradizionale per la sua lunghezza e la sua attitudine analitica e si proponeva invece un dramma "sintetico", cioè breve e capace di riassumere in poche parole e gesti le tante situazioni che caratterizzano l'opera.
In un'epoca moderna e veloce i futuristi volevano quindi che quelle stesse caratteristiche si applicassero al mondo della cultura e delle arti in genere.
Dopo il 1930 l'interesse per il Futurismo declinò rapidamente ma non vi è però dubbio che il movimento rimane il primo ad avere tentato delle sperimentazioni nuove ed artistiche nella nostra nazione alla luce di una modernizzazione della nuova epoca.
Fino ad ora, si sono visti Eleonora Duse come innovatrice nel campo della recitazione d'attore e il Movimento Futurista come primo portatore di sperimentazione (riuscita o meno a secondo del critico con cui si parla) artistica in Italia.
Come ben si sa sono anni difficili quelli di inizio '900 che vedono oltre alla sfrenata corsa ai cambiamenti anche un sanguinoso conflitto, quello della Prima Guerra Mondiale, che trasforma e stravolge la società tra il 1915 e il 1918.
Al fianco dei personaggi sopra citati, vi è una ulteriore figura di maggior successo che ha contribuito a portare innovazioni nel teatro italiano novecentesco e che ha toccato anche il sistema teatrale del resto del mondo; parlo di: Luigi Pirandello.
Già famoso prima della guerra grazie alle sue opere letterarie, Pirandello inizia ad avere contatti con il mondo del teatro intorno al 1910 con la rappresentazione di due sue opere: Lumie di Sicilia e La Morsa.
Anche lui, come la Duse, si muove quindi tra il teatro pre-registico (prima dell'avvento della Regia) e quello proto-registico (il dopo).
Il rapporto di Pirandello con il teatro è stato quello di amore ed odio soprattutto nei confronti di un vecchio sistema che soffocava il teatro, quello del capocomicato che lasciava da parte gli autori e faceva sì che decidessero tutto stravolgendo spetto il testo in maniera completa ed assurda.
Deciso a cambiar le cose, Pirandello volle diventare egli stesso prima capo-comico e poi aprì una propria scuola di teatro a Roma. Diciamo che ha voluto diventare metteur en scene per scoprire così nuove sperimentazioni drammaturgiche.
Quando inizia ad operare come drammaturgo e a possedere una propria scuola teatrale, Pirandello, si rende conto che la prima cosa da cambiare sono i rapporti dei personaggi con l'opera stessa e gli comparirà inoltre in maniera più chiara il continuo processo dialettico tra pubblico ed autore.
Tema fondamentale del teatro pirandelliano diviene così la tesi secondo cui ognuno costruisce la sua personalità secondo i diversi ruoli che deve assumere o che gli sono stati imposti dalla vita sociale. Nessuno di questi però è l'intera persona: si tratta di Maschere di cui si compone nella realtà l'individuo.
Esiste un conflitto interno e profondo nell'uomo e Pirandello lo coglie a pieno riportandolo prima nei suoi scritti e poi sulle tavole del palcoscenico.
Non bisogna stupirsi se nelle sue opere, lo scrittore, da vita a temi particolari come:
1- Crisi dei Valori e Soggettività;
2-Paesaggi Naturali e Sociali (Pirandello nelle sue opere privilegia 2 ambienti geografici lontani tra loro: i paesaggi naturali e sociali della Sicilia e quelli della Roma capitale e dei quartieri borghesi;
3- Il Doppio e lo Specchio (frequente nelle sue storie il ricorso a procedimenti di sdoppiamento, come ad esempio nell'opera "Il Fu Mattia Pascal", dove ama far confrontare i suoi personaggi con il loro io interiore.
Pirandello mette quindi il personaggio sul piano opposto di quel che è una persona normale e cambiando il personaggio cambia la scena e le situazioni; secondo lui l'attore deve farsi impossessare dal personaggio che interpreta.
L'interesse dell'autore per questa realtà complessa e stratificata trova la sua massima espressione in due sue opere: I sei personaggi in cerca di autore (1921) e Questa sera si recita a soggetto (1930).
In Sei personaggi in cerca di autore, Pirandello immagina e descrive dei personaggi che interrompono una prova teatrale chiedendo che venga messa in scena la loro storia che è rimasta incompiuta dall'autore. Non appena però gli attori tentano di recitare le vicende dei personaggi, riescono a rappresentare solo degli stereotipi senza vita e l'incontro tra personaggi ed artisti in carne ed ossa crea solo una gran confusione.
La novità di questo testo pirandelliano è che si viene a creare un nuovo concetto teatrale: il Metateatro, ossia il Teatro dentro al Teatro stesso, dove vi è incomunicabilità tra personaggio ed attore, vi è contrasto tra Vita e Forma. L'asse importante di queste opere è la tensione tra Teatro Mentale (quello dell'Autore) e Teatro in Scena (quello dei Personaggi).
A livello drammaturgico, Pirandello, pensava ed usava nuove tecniche che vedevano situazioni estreme e tematiche profonde quali: adulterio, assassinio, tradimenti, falsa identità.
Nel 1920, il teatro di Pirandello, grazie anche alle tourneé estere e alla bravura degli attori della sua compagnia (ad esempio l'attrice Marta Abba, per il quale l'autore ha pensato e scritto alcune sue opere) inizia a conoscere il successo a livello mondiale.
Nel 1934 Pirandello riceve il Premio Nobel per la letteratura e due anni dopo, nel 1936, muore di polmonite a Roma.
Se pensate che il discorso sul teatro si chiude qui sbagliate di grosso, perché oltre ai nomi visti fino ad ora (credetemi questi sono solo una piccolissima fetta tra i migliaia che hanno contribuito al rinnovamento teatrale nazionale italiano) ve ne è di certo uno che merita di essere nominato prima di chiudere questa prima parte sul teatro di inizio '900; parlo di: Silvio D'Amico.
Data fondamentale stavolta è quella del 1935, ovvero l'anno in cui il cattolico D'Amico, fonda l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica.
Fino agli inizi del '900 (ma già in secoli passati accadeva ciò) lo Stato, ed in particolar modo la vita politica, si immischiava spesso nella gestione dei Teatri e nelle sue varie programmazioni, non solo attraverso le censure ma anche finanziando oppure no chi voleva.
Ed ecco che qui entra in ballo la figura di Silvio D'Amico; critico e teorico teatrale, in difesa delle sue idee innovative e basandosi sui modelli europei optò per Dialogare con lo Stato affinché si potessero semplificare alcuni aspetti.
Affrontando così il delicato rapporto tra Teatro e Stato, D'Amico dichiarò che: lo Stato doveva difendere, educare e proteggere l'Arte.
Con la fondazione dell'Accademia (tutt'oggi attiva ed operante e che ha visto la nascita dei più grandi nomi e volti dello spettacolo e della cultura italiana, come ad esempio Gasmann e Camilleri) si volle creare un Teatro Libero e sovvenzionato, non ideologico e non propagandistico.
Con l'Accademia si educava ora l'attore offrendogli basi tecniche ed intellettuali; inoltre si pone attenzione alla nuova figura emergente del regista.
Si può concludere affermando che grazie a D'Amico si sancisce una sorta di concordato tra Stato accentratore e Scuola dei registi e degli attori.
Da quanto scritto fino ad ora si comprende quindi come il Teatro di inizi '900 sia ricco di persone ed eventi che hanno cambiato il mondo culturale portando una nuova ventata di aria fresca grazie alle loro innovazioni.
Si è voluto limitare il post al discorso sull'Italia perché altrimenti, toccando anche altre nazioni, l'argomento sarebbe stato infinito e non se ne sarebbe usciti più, rischiando di cadere così in una sorta di trappola senza uscita.
Quello che resta certo è che un Nuovo Stile Recitativo ed un Nuovo Modo di Pensare il Testo Drammaturgico, oltre alla nascita della nuova figura del Regista, sono state le rivoluzioni che più hanno caratterizzato il Teatro Italiano del primo '900.
FONTI ED IMMAGINI:
- F. Cruciani e C. Faletti, Civiltà teatrale nel XX secolo, edizione Il Mulino 1986.
- F. Angelini, Teatro e spettacolo nel primo Novecento, editore Laterza 2004.
- P. Puppa, Teatro e spettacolo nel secondo Novecento, editore Laterza 2004.
- Appunti sparsi del corso tenuto dal professore M. De Marinis, di Storia del Teatro e dello spettacolo parte prima (Novembre 1999), presso Università degli studi di Bologna, corso di laurea D.a.m.s
- http://cultura.blogosfere.it/2012/04/uno-nessuno-e-centomila-riassunto-e-analisi-del-testo-del-capolavoro-di-luigi-pirandello.html
- http://www.eclipse-magazine.it/cultura/teatro/recensioni-teatrali/laccademia-nazionale-darte-drammatica-silvio-damico-e-la-critica-giornalistica.html
Se in passato ho messo a disposizione di chi legge il blog gli appunti delle lezioni di filosofia estetica, oggi voglio invece (ovviamente suddividendoli in più post argomentativi che si protrarranno nel tempo, diciamo circa uno al mese) scrivere della Storia del Teatro e di tutto ciò che ad essa consegue.
Avviso da subito che non seguirò un ordine preciso (anche se tra le etichette troverete, alla voce Teatro, nella colonna a fianco, tutto quello che cercate in modo che possiate seguire un vostro percorso e non necessariamente il mio) ma che farò l'inverso di ciò che tendenzialmente si usa fare, ovvero partirò dalla Contemporaneità per arrivare a ritroso nel tempo al teatro delle origini.
Per fare ciò partirò dal '900, secolo che ha visto vere e proprie rivoluzioni nel settore e che ha modernizzato in brevissimo tempo tutto il concetto stesso di Teatro, per poter stare così al passo con il suo rivale iniziale, il Cinema, e dove si sono messi in discussione tutti gli statuti teatrali classici (dalla Drammaturgia del Testo scritto fino al Ruolo dell'Attore, dalle Scenografie fino alla nascita di una nuova figura: quella del Regista).
Inoltre prenderò in esame solo il nostro teatro, quello italiano, in quanto scrivere anche di quello europeo sarebbe come gettarsi in un burrone senza fine.
Attenzione però che dei piccoli passi o delle piccole citazioni o dei brevi confronti con il teatro europeo ovviamente saranno in minima parte d'obbligo e trascritti nel post, in quanto il nostro teatro ha comunque subito le influenze (ed ha a sua volta influenzato egli stesso) dei vicini di casa.
Ovviamente segnali di insofferenza che hanno portato ad un nuovo modo di Fare e Pensare il teatro arrivano già dalla seconda metà dell'Ottocento, dove si è lavorato affinché con l'arrivo del nuovo secolo ci si potesse appunto "svecchiare" in larga parte.
Per tentare di chiarire meglio il discorso, prendo a prestito le parole che si ritrovano scritte sul libro del professor Cruciani, intitolato "Civiltà teatrale nel XX secolo", dove si può leggere infatti:
E' con il Naturalismo che si segna la fine a teatro di una egemonia.
Ora il teatro non è più solo cultura ed arte, ma diventa anche impresa economica ed attività sociale.
Nel 1887, il giovane André Antoine fonda il Théatre Libre e grazie ad esso iniziano a cambiare le leggi teatrali che non sono più quelle classiche convenzionali ma sono ora quelle della verità rappresentativa...
Se il Naturalismo ha dunque rotto con le convenzioni classiche, in reazione a questo movimento ora il teatro cerca la propria libertà e si vuole nuovo e moderno.
Antoine, come gli studiosi teatrali ben sanno, è solo uno dei tanti nomi importanti che si ritrovano in questa corsa alla rimodernizzazione; con esso si hanno soprattutto innovazioni in campo scenico (scenografie ed illuminotecnica) oltre ad una ricerca di totale autonomia, libera dalla prigionia dei censori e dalle richieste del mercato teatrale tradizionale, puntando a nuovi autori emergenti (in particolar modo aprendo ad autori esteri) e a nuove tecniche della messa in scena.
Oltre ad Antoine, infatti, altri nomi che hanno reso possibile la modernizzazione del teatro sono quelli del famoso russo Stanislavskij (che inaugurando il suo Teatro d'Arte a Mosca, pone innovazioni nel settore attoriale e le basi per la creazione della moderna regia); il nome di Wagner ed Ibsen in Germania e quello di Shaw in Inghilterra.
Ripeto che questa è solo una piccola fetta di nomi di grande rilevanza che si collocano in un panorama culturale ben più vasto e complesso e di cui si avrà magari modo di parlarne in post futuri.
Fino ad ora si può riassumere scrivendo che:
Il Teatro di fine Ottocento fissa in modo stabile alcune nuove regole, soprattutto quelle riguardanti l'educazione scenica (lo spazio) e la percezione che di esso si ha.
Generalmente, gli storici teatrali, tendono a fissare la data di queste innovazioni a partire dal 1875.
Da questa data in poi, inizia un nuovo processo di trasformazione che genera nuove forme di teatro contemporaneo. Ciò avviene anche grazie alla Rivoluzione Industriale e all'avvento di nuove tecnologie nella vita quotidiana dell'uomo, basta pensare ad esempio all'introduzione della Luce Elettrica che sostituendo quella vecchia a Gas cambia completamente il modo di esistere in privato come in pubblico e cambia il modo di stare sul palcoscenico da parte degli attori.
Inoltre, nuovi materiali in uso in architettura, come ad esempio il cemento, il ferro e il vetro, portano all'attenzione di chi di dovere anche l'aspetto architettonico del teatro.
Oltre allo spazio vi è anche, dalla fine dell'Ottocento, chi si inizia a preoccupare dell'interpretazione dell'Attore e del Testo Drammaturgico che si porta in scena.
Se prima nei teatri vigeva la legge del Capocomicato, ossia vi era la figura di un responsabile generico, il capocomico appunto, che gestiva varie singole situazioni lasciando ampio spazio libero di recitazione ed interpretazione agli attori, adesso invece, nel teatro moderno, nasce una nuova figura: quella del Regista, che si occupa soprattutto della gestione degli attori (tenendoli a freno ed indirizzandoli sulla giusta via interpretativa) e nascono anche nuovi modi di pensare e di trasporre di fronte al pubblico il Testo teatrale.
Altra data importante nel settore è quella del 1900, dove con l'Esposizione Universale si segna l'incontro per la prima volta tra il mondo Occidentale e quello Orientale. In particolare sarà il Teatro Kabuki (proveniente dal Giappone) ad influenzare alcuni dei più grandi artisti del Novecento (ad esempio Ejzenstein o Brecht).
Deteatralizzare è dunque la prima parola d'ordine che personaggi come Antoine e Stanislavskij usano per cambiare il modo di fare teatro, ripartendo da zero contro tutte le vecchie convenzioni accatastatesi nel corso dei secoli.
Riteatralizzare è invece quella che usano altri importanti personaggi del mondo teatrale e culturale di inizio Novecento, come ad esempio Appia e Craig (ma al loro fianco ci sono miliardi di altri nomi come, giusto per citarne alcuni, Artaud, Copeau, Evreinov, Mejercol'd), che tentano ora di trovare e dare spazio a qualcosa di differente.
Così come altre due parole chiave risultano essere adesso quelle di "Professionismo e Dilettantismo".
Professionismo è quello delle grandi Compagnie dei grandi Attori; Dilettantismo è invece nascosto dietro le nuove forme di sperimentazione.
Mentre i nomi citati fino ad ora agivano dalla propria nazione per poi esportare ed influenzare con i loro modelli anche il resto del mondo, in Italia, invece, il primo nome che viene a mente di chi ha rappresentato le tendenze innovatrici (come Corpo, Spazio e Testo) è quello di Eleonora Duse.
Muovendosi a cavallo tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, la Duse arriva ad un suo personalissimo Teatro del Personaggio forzando al limite le possibilità del Teatro di Repertorio fino a farne qualcosa di completamente diverso ed originale.
Eleonora Duse ha una carriera davvero particolare; nata a Vigevano nell'ottobre del 1858, proviene da una famiglia di attori e con loro e la compagnia teatrale con cui lavoravano viaggia fin da piccola girovagando per l'intera nazione.
Sulle scene fin dall'età di 4 anni, la Duse, crescendo lascia la famiglia per trovare nuovi spazi e ruoli di primaria importanza presso altre compagnie teatrali.
Nel 1879 ha la sua prima tourneè estera, a Parigi, dove conquista la fama anche a livello internazionale interpretando il ruolo di Teresa Raquin che le valse una lettera di plauso dallo stesso autore dell'opera: Emile Zola.
Nel 1897 conosce ed instaura una relazione con il noto scrittore Gabriele D'Annunzio.
Quest'ultimo ha scritto per lei le sue prime opere teatrali e sempre grazie alla Duse il teatro dannunziano si afferma anche in Europa.
Eleonora Duse si fa strada però per le sue superbe interpretazioni di personaggi principali femminili di Ibsen, come per esempio: Nora in Casa di Bambola; Hedda in Hedda Gabler; Elena Alving in Spettri.
La rivoluzione per la modernizzazione del teatro la Duse l'ha fatta soprattutto grazie alle sue grandi qualità di attrice; possedeva infatti una enorme penetrazione psicologica che la rendeva diversa per ogni ruolo. Seguendo il metodo del teatro russo stanislaskijano, la Duse, si affidava a stimoli interiori per produrre le manifestazioni esteriori appropriate.
Rifiutava di usare il trucco e senza la declamazione affettata che caratterizzava gli altri attori dell'epoca raggiungeva risultati di estrema efficacia, dove la sua recitazione risultava essere così più vera e spontanea, meno fasulla.
Nel 1886 diventa persino capo-comica dirigendo da sola le sue produzioni.
Muore a Pittsburgh, in America, nel corso di una tourneè teatrale.
Se la Duse apporta cambi significativi nel campo attoriale, altri personaggi si occupano invece di svecchiare altri settori del teatro.
Ricordiamo, come sopra è stato comunque già scritto, che erano anni di Sperimentazione e in Italia, fondamentale per lo sviluppo del teatro novecentesco è stato un movimento giovane conosciuto con il nome di: Movimento Futurista.
Lanciato da Filippo Tommaso Marinetti, con il "Manifesto" che comparve sulla prima pagina del giornale francese "Figaro" nel febbraio del 1909 e che nasceva inizialmente come movimento letterario, con il tempo il futurismo si applicò anche al resto delle arti visive e alla musica.
I futuristi esaltavano principalmente i valori dell'energia e della velocità dell'era meccanica.
Non a caso, con il movimento, Marinetti elegge il teatro a strumento privilegiato di propaganda bellica nel 1913.
Dal 1910 in poi furono organizzate serate in cui si leggevano i loro manifesti, le loro composizioni letterarie, si tenevano concerti, si rappresentavano spettacoli di arte visiva.
Non sempre però l'accoglienza era favorevole e spesso i futuristi venivano per lo più accolti da fischi ed urla.
Nonostante in Italia non fossero del tutto compresi ed apprezzati, i futuristi, furono comunque ben visti all'estero per le loro idee che si diffusero soprattutto tramite gli articoli dei giornali.
Importante, dal punto di vista teatrale, è stato il manifesto del 1915 intitolato "Teatro futurista sintetico", scritto da Marinetti, Bruno Corra ed Emilio Settinelli, dove si condannava il dramma tradizionale per la sua lunghezza e la sua attitudine analitica e si proponeva invece un dramma "sintetico", cioè breve e capace di riassumere in poche parole e gesti le tante situazioni che caratterizzano l'opera.
In un'epoca moderna e veloce i futuristi volevano quindi che quelle stesse caratteristiche si applicassero al mondo della cultura e delle arti in genere.
Dopo il 1930 l'interesse per il Futurismo declinò rapidamente ma non vi è però dubbio che il movimento rimane il primo ad avere tentato delle sperimentazioni nuove ed artistiche nella nostra nazione alla luce di una modernizzazione della nuova epoca.
Fino ad ora, si sono visti Eleonora Duse come innovatrice nel campo della recitazione d'attore e il Movimento Futurista come primo portatore di sperimentazione (riuscita o meno a secondo del critico con cui si parla) artistica in Italia.
Come ben si sa sono anni difficili quelli di inizio '900 che vedono oltre alla sfrenata corsa ai cambiamenti anche un sanguinoso conflitto, quello della Prima Guerra Mondiale, che trasforma e stravolge la società tra il 1915 e il 1918.
Al fianco dei personaggi sopra citati, vi è una ulteriore figura di maggior successo che ha contribuito a portare innovazioni nel teatro italiano novecentesco e che ha toccato anche il sistema teatrale del resto del mondo; parlo di: Luigi Pirandello.
Già famoso prima della guerra grazie alle sue opere letterarie, Pirandello inizia ad avere contatti con il mondo del teatro intorno al 1910 con la rappresentazione di due sue opere: Lumie di Sicilia e La Morsa.
Anche lui, come la Duse, si muove quindi tra il teatro pre-registico (prima dell'avvento della Regia) e quello proto-registico (il dopo).
Il rapporto di Pirandello con il teatro è stato quello di amore ed odio soprattutto nei confronti di un vecchio sistema che soffocava il teatro, quello del capocomicato che lasciava da parte gli autori e faceva sì che decidessero tutto stravolgendo spetto il testo in maniera completa ed assurda.
Deciso a cambiar le cose, Pirandello volle diventare egli stesso prima capo-comico e poi aprì una propria scuola di teatro a Roma. Diciamo che ha voluto diventare metteur en scene per scoprire così nuove sperimentazioni drammaturgiche.
Quando inizia ad operare come drammaturgo e a possedere una propria scuola teatrale, Pirandello, si rende conto che la prima cosa da cambiare sono i rapporti dei personaggi con l'opera stessa e gli comparirà inoltre in maniera più chiara il continuo processo dialettico tra pubblico ed autore.
Tema fondamentale del teatro pirandelliano diviene così la tesi secondo cui ognuno costruisce la sua personalità secondo i diversi ruoli che deve assumere o che gli sono stati imposti dalla vita sociale. Nessuno di questi però è l'intera persona: si tratta di Maschere di cui si compone nella realtà l'individuo.
Esiste un conflitto interno e profondo nell'uomo e Pirandello lo coglie a pieno riportandolo prima nei suoi scritti e poi sulle tavole del palcoscenico.
Non bisogna stupirsi se nelle sue opere, lo scrittore, da vita a temi particolari come:
1- Crisi dei Valori e Soggettività;
2-Paesaggi Naturali e Sociali (Pirandello nelle sue opere privilegia 2 ambienti geografici lontani tra loro: i paesaggi naturali e sociali della Sicilia e quelli della Roma capitale e dei quartieri borghesi;
3- Il Doppio e lo Specchio (frequente nelle sue storie il ricorso a procedimenti di sdoppiamento, come ad esempio nell'opera "Il Fu Mattia Pascal", dove ama far confrontare i suoi personaggi con il loro io interiore.
Pirandello mette quindi il personaggio sul piano opposto di quel che è una persona normale e cambiando il personaggio cambia la scena e le situazioni; secondo lui l'attore deve farsi impossessare dal personaggio che interpreta.
L'interesse dell'autore per questa realtà complessa e stratificata trova la sua massima espressione in due sue opere: I sei personaggi in cerca di autore (1921) e Questa sera si recita a soggetto (1930).
In Sei personaggi in cerca di autore, Pirandello immagina e descrive dei personaggi che interrompono una prova teatrale chiedendo che venga messa in scena la loro storia che è rimasta incompiuta dall'autore. Non appena però gli attori tentano di recitare le vicende dei personaggi, riescono a rappresentare solo degli stereotipi senza vita e l'incontro tra personaggi ed artisti in carne ed ossa crea solo una gran confusione.
La novità di questo testo pirandelliano è che si viene a creare un nuovo concetto teatrale: il Metateatro, ossia il Teatro dentro al Teatro stesso, dove vi è incomunicabilità tra personaggio ed attore, vi è contrasto tra Vita e Forma. L'asse importante di queste opere è la tensione tra Teatro Mentale (quello dell'Autore) e Teatro in Scena (quello dei Personaggi).
A livello drammaturgico, Pirandello, pensava ed usava nuove tecniche che vedevano situazioni estreme e tematiche profonde quali: adulterio, assassinio, tradimenti, falsa identità.
Nel 1920, il teatro di Pirandello, grazie anche alle tourneé estere e alla bravura degli attori della sua compagnia (ad esempio l'attrice Marta Abba, per il quale l'autore ha pensato e scritto alcune sue opere) inizia a conoscere il successo a livello mondiale.
Nel 1934 Pirandello riceve il Premio Nobel per la letteratura e due anni dopo, nel 1936, muore di polmonite a Roma.
Se pensate che il discorso sul teatro si chiude qui sbagliate di grosso, perché oltre ai nomi visti fino ad ora (credetemi questi sono solo una piccolissima fetta tra i migliaia che hanno contribuito al rinnovamento teatrale nazionale italiano) ve ne è di certo uno che merita di essere nominato prima di chiudere questa prima parte sul teatro di inizio '900; parlo di: Silvio D'Amico.
Data fondamentale stavolta è quella del 1935, ovvero l'anno in cui il cattolico D'Amico, fonda l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica.
Fino agli inizi del '900 (ma già in secoli passati accadeva ciò) lo Stato, ed in particolar modo la vita politica, si immischiava spesso nella gestione dei Teatri e nelle sue varie programmazioni, non solo attraverso le censure ma anche finanziando oppure no chi voleva.
Ed ecco che qui entra in ballo la figura di Silvio D'Amico; critico e teorico teatrale, in difesa delle sue idee innovative e basandosi sui modelli europei optò per Dialogare con lo Stato affinché si potessero semplificare alcuni aspetti.
Affrontando così il delicato rapporto tra Teatro e Stato, D'Amico dichiarò che: lo Stato doveva difendere, educare e proteggere l'Arte.
Con la fondazione dell'Accademia (tutt'oggi attiva ed operante e che ha visto la nascita dei più grandi nomi e volti dello spettacolo e della cultura italiana, come ad esempio Gasmann e Camilleri) si volle creare un Teatro Libero e sovvenzionato, non ideologico e non propagandistico.
Con l'Accademia si educava ora l'attore offrendogli basi tecniche ed intellettuali; inoltre si pone attenzione alla nuova figura emergente del regista.
Si può concludere affermando che grazie a D'Amico si sancisce una sorta di concordato tra Stato accentratore e Scuola dei registi e degli attori.
Da quanto scritto fino ad ora si comprende quindi come il Teatro di inizi '900 sia ricco di persone ed eventi che hanno cambiato il mondo culturale portando una nuova ventata di aria fresca grazie alle loro innovazioni.
Si è voluto limitare il post al discorso sull'Italia perché altrimenti, toccando anche altre nazioni, l'argomento sarebbe stato infinito e non se ne sarebbe usciti più, rischiando di cadere così in una sorta di trappola senza uscita.
Quello che resta certo è che un Nuovo Stile Recitativo ed un Nuovo Modo di Pensare il Testo Drammaturgico, oltre alla nascita della nuova figura del Regista, sono state le rivoluzioni che più hanno caratterizzato il Teatro Italiano del primo '900.
FONTI ED IMMAGINI:
- F. Cruciani e C. Faletti, Civiltà teatrale nel XX secolo, edizione Il Mulino 1986.
- F. Angelini, Teatro e spettacolo nel primo Novecento, editore Laterza 2004.
- P. Puppa, Teatro e spettacolo nel secondo Novecento, editore Laterza 2004.
- Appunti sparsi del corso tenuto dal professore M. De Marinis, di Storia del Teatro e dello spettacolo parte prima (Novembre 1999), presso Università degli studi di Bologna, corso di laurea D.a.m.s
- http://cultura.blogosfere.it/2012/04/uno-nessuno-e-centomila-riassunto-e-analisi-del-testo-del-capolavoro-di-luigi-pirandello.html
- http://www.eclipse-magazine.it/cultura/teatro/recensioni-teatrali/laccademia-nazionale-darte-drammatica-silvio-damico-e-la-critica-giornalistica.html
martedì 10 settembre 2013
Addio allo scrittore Alberto Bevilacqua. morto ieri in una clinica di Roma.
Grave lutto nel mondo della letteratura contemporanea è avvenuto ieri, in una clinica privata di Roma, con la morte, a soli 79 anni, dello scrittore e poeta Alberto Bevilacqua.
Malato da tempo, era ricoverato dal 2012 nel reparto di terapia intensiva di Villa Mafalda (nella capitale laziale), dove, almeno sembra, in seguito ad una complicazione cardiaca non avrebbe più retto.
Nato a Parma, nel Giugno del 1934, Bevilacqua attrae fin da giovane l'attenzione dello scrittore Leonardo Sciascia che gli offre l'occasione di pubblicare le sue prime opere, una raccolta di racconti intitolati "Polvere sull'erba" (1954).
Come poeta invece, esordisce nel 1961 con "L'amicizia perduta".
Il successo vero, quello internazionale, arriva però solo nel 1964, grazie al romanzo "La Califfa" che viene poi trasformato in film (diretto dallo stesso Bevilacqua) nel 1970 e che vede come protagonisti due volti noti quale quelli di Ugo Tognazzi e Romy Schnider.
Nel 1966 vince il premio Campiello per la sua opera "Questa specie di amore" (anche questa trasposta poi in film nel 1972 e ricevendo persino un premio David di Donatello come miglior film).
Le opere del Bevilacqua scrittore sono numerose ed arrivano fino al 2011 (anno prima che entrasse in coma), tra le tante vanno ricordate anche: Umana avventura (Garzanti 1974); La mia Parma (Rizzoli 1982); Il curioso delle donne (Mondadori 1983); I sensi incantati (Mondadori 1991); Lettera alla madre sulla felicità (Mondadori 1995); Gialloparma (Mondadori 1997); Viaggio al principio del giorno (Einaudi 2001); Storie della mia storia (Einaudi 2007); L'amore stregone (Mondadori 2009); Roma Califfa (Mondadori 2011).
Le opere di Bevilacqua hanno goduto di notorietà anche fuori dall'Italia, tanto che sono arrivate e tradotte fino al Brasile, il Giappone, la Cina e gli Stati Uniti.
Fortemente legato alla sua terra di origini, Bevilacqua è stato scrittore attento ai fatti contemporanei che lo circondavano, non solo della sua regione natia ma anche di quelli della sua Italia.
Intellettuale impegnato fin dagli inizi degli anni '60, Bevilacqua scriveva sempre in maniera lucida e con attenzione critica ciò che pensava anche se questa cosa spesso lo faceva magari comparire al mondo letterario come polemico.
Con Alberto Bevilacqua scompare quindi una letteratura sana contemporanea che si ritrova in pochissimi autori oggi ed è per tale ragione che il mio pensiero nel post di oggi si è rivolto a questo grande uomo.
Fonte: http://www.scrittorincorso.net/bevilacqua/biografia.html
Malato da tempo, era ricoverato dal 2012 nel reparto di terapia intensiva di Villa Mafalda (nella capitale laziale), dove, almeno sembra, in seguito ad una complicazione cardiaca non avrebbe più retto.
Nato a Parma, nel Giugno del 1934, Bevilacqua attrae fin da giovane l'attenzione dello scrittore Leonardo Sciascia che gli offre l'occasione di pubblicare le sue prime opere, una raccolta di racconti intitolati "Polvere sull'erba" (1954).
Come poeta invece, esordisce nel 1961 con "L'amicizia perduta".
Il successo vero, quello internazionale, arriva però solo nel 1964, grazie al romanzo "La Califfa" che viene poi trasformato in film (diretto dallo stesso Bevilacqua) nel 1970 e che vede come protagonisti due volti noti quale quelli di Ugo Tognazzi e Romy Schnider.
Nel 1966 vince il premio Campiello per la sua opera "Questa specie di amore" (anche questa trasposta poi in film nel 1972 e ricevendo persino un premio David di Donatello come miglior film).
Le opere del Bevilacqua scrittore sono numerose ed arrivano fino al 2011 (anno prima che entrasse in coma), tra le tante vanno ricordate anche: Umana avventura (Garzanti 1974); La mia Parma (Rizzoli 1982); Il curioso delle donne (Mondadori 1983); I sensi incantati (Mondadori 1991); Lettera alla madre sulla felicità (Mondadori 1995); Gialloparma (Mondadori 1997); Viaggio al principio del giorno (Einaudi 2001); Storie della mia storia (Einaudi 2007); L'amore stregone (Mondadori 2009); Roma Califfa (Mondadori 2011).
Le opere di Bevilacqua hanno goduto di notorietà anche fuori dall'Italia, tanto che sono arrivate e tradotte fino al Brasile, il Giappone, la Cina e gli Stati Uniti.
Fortemente legato alla sua terra di origini, Bevilacqua è stato scrittore attento ai fatti contemporanei che lo circondavano, non solo della sua regione natia ma anche di quelli della sua Italia.
Intellettuale impegnato fin dagli inizi degli anni '60, Bevilacqua scriveva sempre in maniera lucida e con attenzione critica ciò che pensava anche se questa cosa spesso lo faceva magari comparire al mondo letterario come polemico.
Con Alberto Bevilacqua scompare quindi una letteratura sana contemporanea che si ritrova in pochissimi autori oggi ed è per tale ragione che il mio pensiero nel post di oggi si è rivolto a questo grande uomo.
Fonte: http://www.scrittorincorso.net/bevilacqua/biografia.html
lunedì 9 settembre 2013
Ricetta delle Carote Speciali.
Protagonista della buona cucina, come sempre, sono loro le amate (almeno da me) Verdure.
Nel post di oggi quindi non poteva mancare una ricetta a base naturale e pronta in mezzora, veloce, facile e appetitosa.
Ho ripreso questa ricetta da una vecchia rivista di mia madre (di cui sotto citerò la fonte) e dopo averla provata ve la ripropongo.
Il titolo della rivista diceva "Carote Speciali" io invece le avrei più chiamate "Carote Pasticciate" ma fatto sta che come avrete di certo già capito l'ingrediente base è lei: la Carota.
Vediamo come si preparano.
INGREDIENTI:
600 gr. di Carotine novelle surgelate;
1 grossa cipolla;
Olio, Burro e 2 Spicchi di Aglio;
Uno Scalogno;
Un rametto di Basilico;
Un ciuffetto di prezzemolo;
Un quarto di Brodo;
Sale e pepe.
PREPARAZIONE:
Cuocete le Carotine surgelate in acqua bollente salata per 8 minuti circa.
Intanto sbucciate e tagliate finemente la cipolla facendola poi rosolare in padella con 20 gr. di burro per circa 10 minuti e bagnandola poi con del brodo a fuoco basso farete stringere il liquido di oltre la metà.
Subito dopo, tagliate e tritate anche l'aglio e lo scalogno.
A parte tritate anche (magari con l'aiuto di un tritatutto elettrico) il prezzemolo e il basilico.
In una padella larga fate appassire l'aglio e lo scalogno insieme al prezzemolo, al basilico e a 30 gr. di burro e 2 cucchiai di Olio.
Unite le carotine dopo averle scolate e fatele insaporire per qualche minuto.
Intanto frullate la cipolla con il liquido che avevate preparato all'inizio (ovvero la sua stessa acqua di cottura) e unite poi alle carote.
Salate, pepate e cuocete tutto insieme per qualche minuto.
Aggiungete all'ultimo il trito di prezzemolo e basilico, mescolate e servite.
Buon Appetito.
Fonti: rivista settimanale Guida Cucina, dal 25 settembre al 1° Ottobre, N° 419, Anno 1989
Nel post di oggi quindi non poteva mancare una ricetta a base naturale e pronta in mezzora, veloce, facile e appetitosa.
Ho ripreso questa ricetta da una vecchia rivista di mia madre (di cui sotto citerò la fonte) e dopo averla provata ve la ripropongo.
Il titolo della rivista diceva "Carote Speciali" io invece le avrei più chiamate "Carote Pasticciate" ma fatto sta che come avrete di certo già capito l'ingrediente base è lei: la Carota.
Vediamo come si preparano.
INGREDIENTI:
600 gr. di Carotine novelle surgelate;
1 grossa cipolla;
Olio, Burro e 2 Spicchi di Aglio;
Uno Scalogno;
Un rametto di Basilico;
Un ciuffetto di prezzemolo;
Un quarto di Brodo;
Sale e pepe.
PREPARAZIONE:
Cuocete le Carotine surgelate in acqua bollente salata per 8 minuti circa.
Intanto sbucciate e tagliate finemente la cipolla facendola poi rosolare in padella con 20 gr. di burro per circa 10 minuti e bagnandola poi con del brodo a fuoco basso farete stringere il liquido di oltre la metà.
Subito dopo, tagliate e tritate anche l'aglio e lo scalogno.
A parte tritate anche (magari con l'aiuto di un tritatutto elettrico) il prezzemolo e il basilico.
In una padella larga fate appassire l'aglio e lo scalogno insieme al prezzemolo, al basilico e a 30 gr. di burro e 2 cucchiai di Olio.
Unite le carotine dopo averle scolate e fatele insaporire per qualche minuto.
Intanto frullate la cipolla con il liquido che avevate preparato all'inizio (ovvero la sua stessa acqua di cottura) e unite poi alle carote.
Salate, pepate e cuocete tutto insieme per qualche minuto.
Aggiungete all'ultimo il trito di prezzemolo e basilico, mescolate e servite.
Buon Appetito.
Fonti: rivista settimanale Guida Cucina, dal 25 settembre al 1° Ottobre, N° 419, Anno 1989
giovedì 5 settembre 2013
Harold Pinter e il suo teatro.
Martedì è stato trasmesso sul canale Sky Arte (pagina 400 per abbonati a questa emittente) uno speciale su Harold Pinter e sul suo modo di fare e pensare il Teatro.
Drammaturgo, attore, regista, sceneggiatore e poeta teatrale, Pinter è stato artista a tutto tondo che ha lavorato in più settori, dal cinema alla radio, passando per la televisione, anche se il suo unico vero grande amore, quello in cui ha concentrato maggiormente i propri sforzi, è stato appunto il mondo del teatro.
Nello speciale televisivo erano riportate le testimonianze di colleghi, amici e collaboratori, che con Pinter hanno condiviso questa passione. Ognuno di loro, infatti, attraverso una tematica precisa lasciava il proprio ricordo su come il regista svolgeva il suo lavoro e su quale era il suo pensiero.
Prima di arrivare a parlare di Pinter e della sua filosofia teatrale, diamo uno sguardo introduttivo anche a quella che è la sua biografia.
BIOGRAFIA DI HAROLD PINTER :
Nato a Londra nell'Ottobre del 1930 da una famiglia di origini ebraica, Pinter ha studiato presso la Hackney Downs Grammar School e per breve periodo anche alla Royal Academy of Dramatic Art.
Da giovane è stato attore di teatro e di drammi radiofonici (presente in alcuni programmi della BBC), lavorando sulle scene con il nome d'arte di David Baron e passando all'esordio come autore teatrale, nel 1957, con l'atto unico "The Room".
L'anno successivo, nel 1958, presenta al pubblico l'opera "The Birthday Party" che non viene capita ed apprezzata, ricevendo una sola critica positiva da parte del giornalista del Sunday Times.
Pinter ha però la propria rivincita nel 1960 grazie all'atto unico "The dumb waiter", a cui fanno seguito i radiodrammi "A night out" e "The caretaker".
Tutte queste opere, di fattura particolare, risentono secondo i critici e gli studiosi dell'influenza di un altro importante personaggio del panorama culturale teatrale e non: Samuel Beckett.
Dallo stile beckettiano infatti, Pinter, riprende gli inizi delle proprie opere come in una sorta di apparente tranquillità pronta invece ben presto ad esplodere e ad avere in sottofondo un tono minaccioso.
Per questo suo stile particolare, le sue opere vengono così etichettate come appartenenti alla categoria del "Teatro dell'Assurdo" (termine coniato da Martin Esslin, per descrivere una lunga serie di scrittori europei che apparvero tra gli anni '50 e '60, in parallelo con le neo-avanguardie americane).
Nel 1966, Pinter riceve il premio della CBE (titolo per esteso: The most Excellent Order of British Empire; traduzione di: Eccellentissimo Ordine Britannico>>, titolo cavalleresco che rientra tra una delle onorificenze più importanti del Regno Unito).
Durante gli anni '70, Pinter si dedica alla regia e lavora anche, nel 1974, per il Royal National Theatre.
Gli anni '70, con tutto quello che ha comportato il clima storico, politico e sociale dei tempi, spingono Pinter ad avere una nuova visione delle cose che lo circondano e quindi lo portano ad un nuovo modo di pensare e agire per il teatro; non a caso, adesso, le sue opere diventano più aggressive e con chiari riferimenti politici; inoltre tenta di portare alla luce argomenti delicati quali quello dei diritti umani che spesso erano violati da un gioco di forza maggiore in campo.
La sua affinità con la politica dura per tutto il periodo degli anni '80, tanto che nel 1985 si reca in Turchia, insieme al commediografo Arthur Miller, dove incontrò molte delle vittime dell'oppressione politica e da cui trasse ispirazione per la sua opera, del 1988, intitolata "Mountain Language".
Ora facciamo un rapido passo indietro per un secondo e torniamo per un momento alla metà degli anni '70, più precisamente al 1977, per scrivere di un momento di vita privata del regista, che finì su tutti i giornali scandalistici a causa della rottura con la moglie, l'attrice Vivien Merchant (con cui era sposato dal 1956), con la quale aveva problemi già da tempo.
Pinter si consola presto però e trova una nuova compagna, Antonia Fraser, futura scrittrice di biografie famose, che sposa nel 1980.
Insieme alla nuova moglie, Pinter, si schiererà al fianco di Amnesty International e ad altre associazioni umanitarie.
Tra le opere degli anni '80, giusto per citarne alcune, ci sono: The Hothouse e A king of Alaska.
Durante gli anni '90, il suo impegno politico compare più forte e deciso tanto che scrive una poesia, nel 1992, che viene criticata da molti, in particolare dal quotidiano ultraconservatore Observer, e il titolo è "American Football".
L'anno successivo, Pinter si presenta al pubblico teatrale con l'opera "Moonlight" (tradotto in Chiaro di Luna); si tratta stavolta, non più di un atto unico, come molte delle sue opere precedenti, ma bensì di una piecès lunga in cui recupera i dialoghi ironici e le illusioni di una borghesia piccola e volgare.
Nel 2005 gli viene conferito il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: A colui che nelle sue commedie discopre il precipizio sotto le chiacchiere quotidiane e costringe ad entrare nelle stanze chiuse dell'oppressione.
Nel 2006 gli viene anche assegnato il Premio Europa per il Teatro e l'anno successivo gli viene data la Legione d'Onore dal ministro Francese.
Grande tifoso di Cricket, Pinter è stato anche presidente del "Gaieties Cricket Club" e socio onorario del National Secular Society.
Ammalatosi di tumore alla trachea nel 2002 (era un forte fumatore) la sua salute da allora non si è mai ripresa seriamente.
Harold Pinter muore, all'età di 78 anni, la vigilia di Natale, ovvero il 24 Dicembre del 2008, anche se la notizia viene data solo il giorno successivo.
HAROLD PINTER E IL SUO TEATRO. CONCLUSIONI:
A mio avviso si può affermare che quando si parla di un certo tipo di teatro contemporaneo, in particolar modo se si pensa al Teatro dell'Assurdo, i nomi che balzano per primi alla mente sono soprattutto quelli di Samuel Beckett e di Bertolt Brecht (non trascurando poi nomi quali quelli di Sartre, Genet, Adamov o Ionesco).
Eppure al loro fianco sono esistiti anche quelli di persone, come Harold Pinter appunto, che ben hanno rappresentato questa categoria teatrale anche se magari alle volte (anche se fortunatamente in realtà poi così non è) ci si può dimenticare.
Lo speciale di Sky Arte è servito proprio a questo, a rispolverare alcuni tratti di Pinter e a far si che non si perdesse del tutto la sua memoria (nonostante la sua scomparsa non sia poi tanto lontana nel tempo).
Come giustamente hanno fatto notare le testimonianze di collaboratori e amici, le opere di Harold Pinter non si mettono via così facilmente.
Quelle di Pinter sono opere basate per lo più su situazioni psicologiche che riguardano la natura fallibile dell'uomo e della sua memoria. Vengono infatti messe a nudo le nevrosi dell'uomo contemporaneo e l'inadeguatezza alla comunicazione.
Influenzato anche da Kafka, oltre che dal giù citato Beckett, Pinter usa un linguaggio carico di pause lunghe e silenzi riflessivi che hanno notevole effetto in ambito teatrale.
Altro tema importante in Pinter è l'Umorismo (quasi di ispirazione pirandelliana) che sfrutta in molte delle sue opere proprio per spezzare quei lunghi silenzi di cui sopra scrivevamo e che serve a creare delle atmosfere differenti e variabili.
Le Donne, seppur non presentate come protagoniste dei suoi atti, dove lo spazio maggiore è invece rivolto alle figure maschili, assumono ruolo particolare e delicato. In quanto esseri dalla doppia forza (fragili e decise allo stesso tempo) e con una aurea che le rendeva comunque perfette, Pinter ha preferito dedicarsi all'uomo e alla sua imperfezione.
Parlare di Pinter non è semplice, come non lo è ad ogni modo trattare con i personaggi e i rappresentanti del Teatro dell'Assurdo, ma è anche grazie ad esso che l'uomo ha assunto in epoca contemporanea una visibilità diversa, più fragile e indecisa, distaccandosi dall'immagine di epoche precedenti che lo vedevano come predominante, arrogante e infallibile.
Acuto ed intelligente, ironico ed accattivante, Pinter è stato un grande maestro del teatro contemporaneo e Sky Arte ha fatto cosa gradita agli appassionati di teatro come me a farcene rivivere una parte.
FONTI ED IMMAGINI:
http://www.ibs.it/code/9788806181413/pinter-harold/chiaro-luna-altri.html
Drammaturgo, attore, regista, sceneggiatore e poeta teatrale, Pinter è stato artista a tutto tondo che ha lavorato in più settori, dal cinema alla radio, passando per la televisione, anche se il suo unico vero grande amore, quello in cui ha concentrato maggiormente i propri sforzi, è stato appunto il mondo del teatro.
Nello speciale televisivo erano riportate le testimonianze di colleghi, amici e collaboratori, che con Pinter hanno condiviso questa passione. Ognuno di loro, infatti, attraverso una tematica precisa lasciava il proprio ricordo su come il regista svolgeva il suo lavoro e su quale era il suo pensiero.
Prima di arrivare a parlare di Pinter e della sua filosofia teatrale, diamo uno sguardo introduttivo anche a quella che è la sua biografia.
BIOGRAFIA DI HAROLD PINTER :
Nato a Londra nell'Ottobre del 1930 da una famiglia di origini ebraica, Pinter ha studiato presso la Hackney Downs Grammar School e per breve periodo anche alla Royal Academy of Dramatic Art.
Da giovane è stato attore di teatro e di drammi radiofonici (presente in alcuni programmi della BBC), lavorando sulle scene con il nome d'arte di David Baron e passando all'esordio come autore teatrale, nel 1957, con l'atto unico "The Room".
L'anno successivo, nel 1958, presenta al pubblico l'opera "The Birthday Party" che non viene capita ed apprezzata, ricevendo una sola critica positiva da parte del giornalista del Sunday Times.
Pinter ha però la propria rivincita nel 1960 grazie all'atto unico "The dumb waiter", a cui fanno seguito i radiodrammi "A night out" e "The caretaker".
Tutte queste opere, di fattura particolare, risentono secondo i critici e gli studiosi dell'influenza di un altro importante personaggio del panorama culturale teatrale e non: Samuel Beckett.
Dallo stile beckettiano infatti, Pinter, riprende gli inizi delle proprie opere come in una sorta di apparente tranquillità pronta invece ben presto ad esplodere e ad avere in sottofondo un tono minaccioso.
Per questo suo stile particolare, le sue opere vengono così etichettate come appartenenti alla categoria del "Teatro dell'Assurdo" (termine coniato da Martin Esslin, per descrivere una lunga serie di scrittori europei che apparvero tra gli anni '50 e '60, in parallelo con le neo-avanguardie americane).
Nel 1966, Pinter riceve il premio della CBE (titolo per esteso: The most Excellent Order of British Empire; traduzione di: Eccellentissimo Ordine Britannico>>, titolo cavalleresco che rientra tra una delle onorificenze più importanti del Regno Unito).
Durante gli anni '70, Pinter si dedica alla regia e lavora anche, nel 1974, per il Royal National Theatre.
Gli anni '70, con tutto quello che ha comportato il clima storico, politico e sociale dei tempi, spingono Pinter ad avere una nuova visione delle cose che lo circondano e quindi lo portano ad un nuovo modo di pensare e agire per il teatro; non a caso, adesso, le sue opere diventano più aggressive e con chiari riferimenti politici; inoltre tenta di portare alla luce argomenti delicati quali quello dei diritti umani che spesso erano violati da un gioco di forza maggiore in campo.
La sua affinità con la politica dura per tutto il periodo degli anni '80, tanto che nel 1985 si reca in Turchia, insieme al commediografo Arthur Miller, dove incontrò molte delle vittime dell'oppressione politica e da cui trasse ispirazione per la sua opera, del 1988, intitolata "Mountain Language".
Ora facciamo un rapido passo indietro per un secondo e torniamo per un momento alla metà degli anni '70, più precisamente al 1977, per scrivere di un momento di vita privata del regista, che finì su tutti i giornali scandalistici a causa della rottura con la moglie, l'attrice Vivien Merchant (con cui era sposato dal 1956), con la quale aveva problemi già da tempo.
Pinter si consola presto però e trova una nuova compagna, Antonia Fraser, futura scrittrice di biografie famose, che sposa nel 1980.
Insieme alla nuova moglie, Pinter, si schiererà al fianco di Amnesty International e ad altre associazioni umanitarie.
Tra le opere degli anni '80, giusto per citarne alcune, ci sono: The Hothouse e A king of Alaska.
Durante gli anni '90, il suo impegno politico compare più forte e deciso tanto che scrive una poesia, nel 1992, che viene criticata da molti, in particolare dal quotidiano ultraconservatore Observer, e il titolo è "American Football".
L'anno successivo, Pinter si presenta al pubblico teatrale con l'opera "Moonlight" (tradotto in Chiaro di Luna); si tratta stavolta, non più di un atto unico, come molte delle sue opere precedenti, ma bensì di una piecès lunga in cui recupera i dialoghi ironici e le illusioni di una borghesia piccola e volgare.
Nel 2005 gli viene conferito il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: A colui che nelle sue commedie discopre il precipizio sotto le chiacchiere quotidiane e costringe ad entrare nelle stanze chiuse dell'oppressione.
Nel 2006 gli viene anche assegnato il Premio Europa per il Teatro e l'anno successivo gli viene data la Legione d'Onore dal ministro Francese.
Grande tifoso di Cricket, Pinter è stato anche presidente del "Gaieties Cricket Club" e socio onorario del National Secular Society.
Ammalatosi di tumore alla trachea nel 2002 (era un forte fumatore) la sua salute da allora non si è mai ripresa seriamente.
Harold Pinter muore, all'età di 78 anni, la vigilia di Natale, ovvero il 24 Dicembre del 2008, anche se la notizia viene data solo il giorno successivo.
HAROLD PINTER E IL SUO TEATRO. CONCLUSIONI:
A mio avviso si può affermare che quando si parla di un certo tipo di teatro contemporaneo, in particolar modo se si pensa al Teatro dell'Assurdo, i nomi che balzano per primi alla mente sono soprattutto quelli di Samuel Beckett e di Bertolt Brecht (non trascurando poi nomi quali quelli di Sartre, Genet, Adamov o Ionesco).
Eppure al loro fianco sono esistiti anche quelli di persone, come Harold Pinter appunto, che ben hanno rappresentato questa categoria teatrale anche se magari alle volte (anche se fortunatamente in realtà poi così non è) ci si può dimenticare.
Lo speciale di Sky Arte è servito proprio a questo, a rispolverare alcuni tratti di Pinter e a far si che non si perdesse del tutto la sua memoria (nonostante la sua scomparsa non sia poi tanto lontana nel tempo).
Come giustamente hanno fatto notare le testimonianze di collaboratori e amici, le opere di Harold Pinter non si mettono via così facilmente.
Quelle di Pinter sono opere basate per lo più su situazioni psicologiche che riguardano la natura fallibile dell'uomo e della sua memoria. Vengono infatti messe a nudo le nevrosi dell'uomo contemporaneo e l'inadeguatezza alla comunicazione.
Influenzato anche da Kafka, oltre che dal giù citato Beckett, Pinter usa un linguaggio carico di pause lunghe e silenzi riflessivi che hanno notevole effetto in ambito teatrale.
Altro tema importante in Pinter è l'Umorismo (quasi di ispirazione pirandelliana) che sfrutta in molte delle sue opere proprio per spezzare quei lunghi silenzi di cui sopra scrivevamo e che serve a creare delle atmosfere differenti e variabili.
Le Donne, seppur non presentate come protagoniste dei suoi atti, dove lo spazio maggiore è invece rivolto alle figure maschili, assumono ruolo particolare e delicato. In quanto esseri dalla doppia forza (fragili e decise allo stesso tempo) e con una aurea che le rendeva comunque perfette, Pinter ha preferito dedicarsi all'uomo e alla sua imperfezione.
Parlare di Pinter non è semplice, come non lo è ad ogni modo trattare con i personaggi e i rappresentanti del Teatro dell'Assurdo, ma è anche grazie ad esso che l'uomo ha assunto in epoca contemporanea una visibilità diversa, più fragile e indecisa, distaccandosi dall'immagine di epoche precedenti che lo vedevano come predominante, arrogante e infallibile.
Acuto ed intelligente, ironico ed accattivante, Pinter è stato un grande maestro del teatro contemporaneo e Sky Arte ha fatto cosa gradita agli appassionati di teatro come me a farcene rivivere una parte.
FONTI ED IMMAGINI:
http://www.ibs.it/code/9788806181413/pinter-harold/chiaro-luna-altri.html
lunedì 2 settembre 2013
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