Se in passato ho messo a disposizione di chi legge il blog gli appunti delle lezioni di filosofia estetica, oggi voglio invece (ovviamente suddividendoli in più post argomentativi che si protrarranno nel tempo, diciamo circa uno al mese) scrivere della Storia del Teatro e di tutto ciò che ad essa consegue.
Avviso da subito che non seguirò un ordine preciso (anche se tra le etichette troverete, alla voce Teatro, nella colonna a fianco, tutto quello che cercate in modo che possiate seguire un vostro percorso e non necessariamente il mio) ma che farò l'inverso di ciò che tendenzialmente si usa fare, ovvero partirò dalla Contemporaneità per arrivare a ritroso nel tempo al teatro delle origini.
Per fare ciò partirò dal '900, secolo che ha visto vere e proprie rivoluzioni nel settore e che ha modernizzato in brevissimo tempo tutto il concetto stesso di Teatro, per poter stare così al passo con il suo rivale iniziale, il Cinema, e dove si sono messi in discussione tutti gli statuti teatrali classici (dalla Drammaturgia del Testo scritto fino al Ruolo dell'Attore, dalle Scenografie fino alla nascita di una nuova figura: quella del Regista).
Inoltre prenderò in esame solo il nostro teatro, quello italiano, in quanto scrivere anche di quello europeo sarebbe come gettarsi in un burrone senza fine.
Attenzione però che dei piccoli passi o delle piccole citazioni o dei brevi confronti con il teatro europeo ovviamente saranno in minima parte d'obbligo e trascritti nel post, in quanto il nostro teatro ha comunque subito le influenze (ed ha a sua volta influenzato egli stesso) dei vicini di casa.
Ovviamente segnali di insofferenza che hanno portato ad un nuovo modo di Fare e Pensare il teatro arrivano già dalla seconda metà dell'Ottocento, dove si è lavorato affinché con l'arrivo del nuovo secolo ci si potesse appunto "svecchiare" in larga parte.
Per tentare di chiarire meglio il discorso, prendo a prestito le parole che si ritrovano scritte sul libro del professor Cruciani, intitolato "Civiltà teatrale nel XX secolo", dove si può leggere infatti:
E' con il Naturalismo che si segna la fine a teatro di una egemonia.
Ora il teatro non è più solo cultura ed arte, ma diventa anche impresa economica ed attività sociale.
Nel 1887, il giovane André Antoine fonda il Théatre Libre e grazie ad esso iniziano a cambiare le leggi teatrali che non sono più quelle classiche convenzionali ma sono ora quelle della verità rappresentativa...
Se il Naturalismo ha dunque rotto con le convenzioni classiche, in reazione a questo movimento ora il teatro cerca la propria libertà e si vuole nuovo e moderno.
Antoine, come gli studiosi teatrali ben sanno, è solo uno dei tanti nomi importanti che si ritrovano in questa corsa alla rimodernizzazione; con esso si hanno soprattutto innovazioni in campo scenico (scenografie ed illuminotecnica) oltre ad una ricerca di totale autonomia, libera dalla prigionia dei censori e dalle richieste del mercato teatrale tradizionale, puntando a nuovi autori emergenti (in particolar modo aprendo ad autori esteri) e a nuove tecniche della messa in scena.
Oltre ad Antoine, infatti, altri nomi che hanno reso possibile la modernizzazione del teatro sono quelli del famoso russo Stanislavskij (che inaugurando il suo Teatro d'Arte a Mosca, pone innovazioni nel settore attoriale e le basi per la creazione della moderna regia); il nome di Wagner ed Ibsen in Germania e quello di Shaw in Inghilterra.
Ripeto che questa è solo una piccola fetta di nomi di grande rilevanza che si collocano in un panorama culturale ben più vasto e complesso e di cui si avrà magari modo di parlarne in post futuri.
Fino ad ora si può riassumere scrivendo che:
Il Teatro di fine Ottocento fissa in modo stabile alcune nuove regole, soprattutto quelle riguardanti l'educazione scenica (lo spazio) e la percezione che di esso si ha.
Generalmente, gli storici teatrali, tendono a fissare la data di queste innovazioni a partire dal 1875.
Da questa data in poi, inizia un nuovo processo di trasformazione che genera nuove forme di teatro contemporaneo. Ciò avviene anche grazie alla Rivoluzione Industriale e all'avvento di nuove tecnologie nella vita quotidiana dell'uomo, basta pensare ad esempio all'introduzione della Luce Elettrica che sostituendo quella vecchia a Gas cambia completamente il modo di esistere in privato come in pubblico e cambia il modo di stare sul palcoscenico da parte degli attori.
Inoltre, nuovi materiali in uso in architettura, come ad esempio il cemento, il ferro e il vetro, portano all'attenzione di chi di dovere anche l'aspetto architettonico del teatro.
Oltre allo spazio vi è anche, dalla fine dell'Ottocento, chi si inizia a preoccupare dell'interpretazione dell'Attore e del Testo Drammaturgico che si porta in scena.
Se prima nei teatri vigeva la legge del Capocomicato, ossia vi era la figura di un responsabile generico, il capocomico appunto, che gestiva varie singole situazioni lasciando ampio spazio libero di recitazione ed interpretazione agli attori, adesso invece, nel teatro moderno, nasce una nuova figura: quella del Regista, che si occupa soprattutto della gestione degli attori (tenendoli a freno ed indirizzandoli sulla giusta via interpretativa) e nascono anche nuovi modi di pensare e di trasporre di fronte al pubblico il Testo teatrale.
Altra data importante nel settore è quella del 1900, dove con l'Esposizione Universale si segna l'incontro per la prima volta tra il mondo Occidentale e quello Orientale. In particolare sarà il Teatro Kabuki (proveniente dal Giappone) ad influenzare alcuni dei più grandi artisti del Novecento (ad esempio Ejzenstein o Brecht).
Deteatralizzare è dunque la prima parola d'ordine che personaggi come Antoine e Stanislavskij usano per cambiare il modo di fare teatro, ripartendo da zero contro tutte le vecchie convenzioni accatastatesi nel corso dei secoli.
Riteatralizzare è invece quella che usano altri importanti personaggi del mondo teatrale e culturale di inizio Novecento, come ad esempio Appia e Craig (ma al loro fianco ci sono miliardi di altri nomi come, giusto per citarne alcuni, Artaud, Copeau, Evreinov, Mejercol'd), che tentano ora di trovare e dare spazio a qualcosa di differente.
Così come altre due parole chiave risultano essere adesso quelle di "Professionismo e Dilettantismo".
Professionismo è quello delle grandi Compagnie dei grandi Attori; Dilettantismo è invece nascosto dietro le nuove forme di sperimentazione.
Mentre i nomi citati fino ad ora agivano dalla propria nazione per poi esportare ed influenzare con i loro modelli anche il resto del mondo, in Italia, invece, il primo nome che viene a mente di chi ha rappresentato le tendenze innovatrici (come Corpo, Spazio e Testo) è quello di Eleonora Duse.
Muovendosi a cavallo tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, la Duse arriva ad un suo personalissimo Teatro del Personaggio forzando al limite le possibilità del Teatro di Repertorio fino a farne qualcosa di completamente diverso ed originale.
Eleonora Duse ha una carriera davvero particolare; nata a Vigevano nell'ottobre del 1858, proviene da una famiglia di attori e con loro e la compagnia teatrale con cui lavoravano viaggia fin da piccola girovagando per l'intera nazione.
Sulle scene fin dall'età di 4 anni, la Duse, crescendo lascia la famiglia per trovare nuovi spazi e ruoli di primaria importanza presso altre compagnie teatrali.
Nel 1879 ha la sua prima tourneè estera, a Parigi, dove conquista la fama anche a livello internazionale interpretando il ruolo di Teresa Raquin che le valse una lettera di plauso dallo stesso autore dell'opera: Emile Zola.
Nel 1897 conosce ed instaura una relazione con il noto scrittore Gabriele D'Annunzio.
Quest'ultimo ha scritto per lei le sue prime opere teatrali e sempre grazie alla Duse il teatro dannunziano si afferma anche in Europa.
Eleonora Duse si fa strada però per le sue superbe interpretazioni di personaggi principali femminili di Ibsen, come per esempio: Nora in Casa di Bambola; Hedda in Hedda Gabler; Elena Alving in Spettri.
La rivoluzione per la modernizzazione del teatro la Duse l'ha fatta soprattutto grazie alle sue grandi qualità di attrice; possedeva infatti una enorme penetrazione psicologica che la rendeva diversa per ogni ruolo. Seguendo il metodo del teatro russo stanislaskijano, la Duse, si affidava a stimoli interiori per produrre le manifestazioni esteriori appropriate.
Rifiutava di usare il trucco e senza la declamazione affettata che caratterizzava gli altri attori dell'epoca raggiungeva risultati di estrema efficacia, dove la sua recitazione risultava essere così più vera e spontanea, meno fasulla.
Nel 1886 diventa persino capo-comica dirigendo da sola le sue produzioni.
Muore a Pittsburgh, in America, nel corso di una tourneè teatrale.
Se la Duse apporta cambi significativi nel campo attoriale, altri personaggi si occupano invece di svecchiare altri settori del teatro.
Ricordiamo, come sopra è stato comunque già scritto, che erano anni di Sperimentazione e in Italia, fondamentale per lo sviluppo del teatro novecentesco è stato un movimento giovane conosciuto con il nome di: Movimento Futurista.
Lanciato da Filippo Tommaso Marinetti, con il "Manifesto" che comparve sulla prima pagina del giornale francese "Figaro" nel febbraio del 1909 e che nasceva inizialmente come movimento letterario, con il tempo il futurismo si applicò anche al resto delle arti visive e alla musica.
I futuristi esaltavano principalmente i valori dell'energia e della velocità dell'era meccanica.
Non a caso, con il movimento, Marinetti elegge il teatro a strumento privilegiato di propaganda bellica nel 1913.
Dal 1910 in poi furono organizzate serate in cui si leggevano i loro manifesti, le loro composizioni letterarie, si tenevano concerti, si rappresentavano spettacoli di arte visiva.
Non sempre però l'accoglienza era favorevole e spesso i futuristi venivano per lo più accolti da fischi ed urla.
Nonostante in Italia non fossero del tutto compresi ed apprezzati, i futuristi, furono comunque ben visti all'estero per le loro idee che si diffusero soprattutto tramite gli articoli dei giornali.
Importante, dal punto di vista teatrale, è stato il manifesto del 1915 intitolato "Teatro futurista sintetico", scritto da Marinetti, Bruno Corra ed Emilio Settinelli, dove si condannava il dramma tradizionale per la sua lunghezza e la sua attitudine analitica e si proponeva invece un dramma "sintetico", cioè breve e capace di riassumere in poche parole e gesti le tante situazioni che caratterizzano l'opera.
In un'epoca moderna e veloce i futuristi volevano quindi che quelle stesse caratteristiche si applicassero al mondo della cultura e delle arti in genere.
Dopo il 1930 l'interesse per il Futurismo declinò rapidamente ma non vi è però dubbio che il movimento rimane il primo ad avere tentato delle sperimentazioni nuove ed artistiche nella nostra nazione alla luce di una modernizzazione della nuova epoca.
Fino ad ora, si sono visti Eleonora Duse come innovatrice nel campo della recitazione d'attore e il Movimento Futurista come primo portatore di sperimentazione (riuscita o meno a secondo del critico con cui si parla) artistica in Italia.
Come ben si sa sono anni difficili quelli di inizio '900 che vedono oltre alla sfrenata corsa ai cambiamenti anche un sanguinoso conflitto, quello della Prima Guerra Mondiale, che trasforma e stravolge la società tra il 1915 e il 1918.
Al fianco dei personaggi sopra citati, vi è una ulteriore figura di maggior successo che ha contribuito a portare innovazioni nel teatro italiano novecentesco e che ha toccato anche il sistema teatrale del resto del mondo; parlo di: Luigi Pirandello.
Già famoso prima della guerra grazie alle sue opere letterarie, Pirandello inizia ad avere contatti con il mondo del teatro intorno al 1910 con la rappresentazione di due sue opere: Lumie di Sicilia e La Morsa.
Anche lui, come la Duse, si muove quindi tra il teatro pre-registico (prima dell'avvento della Regia) e quello proto-registico (il dopo).
Il rapporto di Pirandello con il teatro è stato quello di amore ed odio soprattutto nei confronti di un vecchio sistema che soffocava il teatro, quello del capocomicato che lasciava da parte gli autori e faceva sì che decidessero tutto stravolgendo spetto il testo in maniera completa ed assurda.
Deciso a cambiar le cose, Pirandello volle diventare egli stesso prima capo-comico e poi aprì una propria scuola di teatro a Roma. Diciamo che ha voluto diventare metteur en scene per scoprire così nuove sperimentazioni drammaturgiche.
Quando inizia ad operare come drammaturgo e a possedere una propria scuola teatrale, Pirandello, si rende conto che la prima cosa da cambiare sono i rapporti dei personaggi con l'opera stessa e gli comparirà inoltre in maniera più chiara il continuo processo dialettico tra pubblico ed autore.
Tema fondamentale del teatro pirandelliano diviene così la tesi secondo cui ognuno costruisce la sua personalità secondo i diversi ruoli che deve assumere o che gli sono stati imposti dalla vita sociale. Nessuno di questi però è l'intera persona: si tratta di Maschere di cui si compone nella realtà l'individuo.
Esiste un conflitto interno e profondo nell'uomo e Pirandello lo coglie a pieno riportandolo prima nei suoi scritti e poi sulle tavole del palcoscenico.
Non bisogna stupirsi se nelle sue opere, lo scrittore, da vita a temi particolari come:
1- Crisi dei Valori e Soggettività;
2-Paesaggi Naturali e Sociali (Pirandello nelle sue opere privilegia 2 ambienti geografici lontani tra loro: i paesaggi naturali e sociali della Sicilia e quelli della Roma capitale e dei quartieri borghesi;
3- Il Doppio e lo Specchio (frequente nelle sue storie il ricorso a procedimenti di sdoppiamento, come ad esempio nell'opera "Il Fu Mattia Pascal", dove ama far confrontare i suoi personaggi con il loro io interiore.
Pirandello mette quindi il personaggio sul piano opposto di quel che è una persona normale e cambiando il personaggio cambia la scena e le situazioni; secondo lui l'attore deve farsi impossessare dal personaggio che interpreta.
L'interesse dell'autore per questa realtà complessa e stratificata trova la sua massima espressione in due sue opere: I sei personaggi in cerca di autore (1921) e Questa sera si recita a soggetto (1930).
In Sei personaggi in cerca di autore, Pirandello immagina e descrive dei personaggi che interrompono una prova teatrale chiedendo che venga messa in scena la loro storia che è rimasta incompiuta dall'autore. Non appena però gli attori tentano di recitare le vicende dei personaggi, riescono a rappresentare solo degli stereotipi senza vita e l'incontro tra personaggi ed artisti in carne ed ossa crea solo una gran confusione.
La novità di questo testo pirandelliano è che si viene a creare un nuovo concetto teatrale: il Metateatro, ossia il Teatro dentro al Teatro stesso, dove vi è incomunicabilità tra personaggio ed attore, vi è contrasto tra Vita e Forma. L'asse importante di queste opere è la tensione tra Teatro Mentale (quello dell'Autore) e Teatro in Scena (quello dei Personaggi).
A livello drammaturgico, Pirandello, pensava ed usava nuove tecniche che vedevano situazioni estreme e tematiche profonde quali: adulterio, assassinio, tradimenti, falsa identità.
Nel 1920, il teatro di Pirandello, grazie anche alle tourneé estere e alla bravura degli attori della sua compagnia (ad esempio l'attrice Marta Abba, per il quale l'autore ha pensato e scritto alcune sue opere) inizia a conoscere il successo a livello mondiale.
Nel 1934 Pirandello riceve il Premio Nobel per la letteratura e due anni dopo, nel 1936, muore di polmonite a Roma.
Se pensate che il discorso sul teatro si chiude qui sbagliate di grosso, perché oltre ai nomi visti fino ad ora (credetemi questi sono solo una piccolissima fetta tra i migliaia che hanno contribuito al rinnovamento teatrale nazionale italiano) ve ne è di certo uno che merita di essere nominato prima di chiudere questa prima parte sul teatro di inizio '900; parlo di: Silvio D'Amico.
Data fondamentale stavolta è quella del 1935, ovvero l'anno in cui il cattolico D'Amico, fonda l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica.
Fino agli inizi del '900 (ma già in secoli passati accadeva ciò) lo Stato, ed in particolar modo la vita politica, si immischiava spesso nella gestione dei Teatri e nelle sue varie programmazioni, non solo attraverso le censure ma anche finanziando oppure no chi voleva.
Ed ecco che qui entra in ballo la figura di Silvio D'Amico; critico e teorico teatrale, in difesa delle sue idee innovative e basandosi sui modelli europei optò per Dialogare con lo Stato affinché si potessero semplificare alcuni aspetti.
Affrontando così il delicato rapporto tra Teatro e Stato, D'Amico dichiarò che: lo Stato doveva difendere, educare e proteggere l'Arte.
Con la fondazione dell'Accademia (tutt'oggi attiva ed operante e che ha visto la nascita dei più grandi nomi e volti dello spettacolo e della cultura italiana, come ad esempio Gasmann e Camilleri) si volle creare un Teatro Libero e sovvenzionato, non ideologico e non propagandistico.
Con l'Accademia si educava ora l'attore offrendogli basi tecniche ed intellettuali; inoltre si pone attenzione alla nuova figura emergente del regista.
Si può concludere affermando che grazie a D'Amico si sancisce una sorta di concordato tra Stato accentratore e Scuola dei registi e degli attori.
Da quanto scritto fino ad ora si comprende quindi come il Teatro di inizi '900 sia ricco di persone ed eventi che hanno cambiato il mondo culturale portando una nuova ventata di aria fresca grazie alle loro innovazioni.
Si è voluto limitare il post al discorso sull'Italia perché altrimenti, toccando anche altre nazioni, l'argomento sarebbe stato infinito e non se ne sarebbe usciti più, rischiando di cadere così in una sorta di trappola senza uscita.
Quello che resta certo è che un Nuovo Stile Recitativo ed un Nuovo Modo di Pensare il Testo Drammaturgico, oltre alla nascita della nuova figura del Regista, sono state le rivoluzioni che più hanno caratterizzato il Teatro Italiano del primo '900.
FONTI ED IMMAGINI:
- F. Cruciani e C. Faletti, Civiltà teatrale nel XX secolo, edizione Il Mulino 1986.
- F. Angelini, Teatro e spettacolo nel primo Novecento, editore Laterza 2004.
- P. Puppa, Teatro e spettacolo nel secondo Novecento, editore Laterza 2004.
- Appunti sparsi del corso tenuto dal professore M. De Marinis, di Storia del Teatro e dello spettacolo parte prima (Novembre 1999), presso Università degli studi di Bologna, corso di laurea D.a.m.s
- http://cultura.blogosfere.it/2012/04/uno-nessuno-e-centomila-riassunto-e-analisi-del-testo-del-capolavoro-di-luigi-pirandello.html
- http://www.eclipse-magazine.it/cultura/teatro/recensioni-teatrali/laccademia-nazionale-darte-drammatica-silvio-damico-e-la-critica-giornalistica.html
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