Il post di stasera è per dare visibilità ad alcuni ospiti de "La Casa di Milly" di cui tempo indietro vi ho scritto e a cui ho dedicato una delle voci-etichette qui di lato dove potete trovare i post precedenti con i cani e gli altri amici a quattro zampe che ancora cercano una famiglia che li adotti e che doni loro tutto l'amore possibile.
Come dicevo, oltre ai cani, ci sono tanti altri amici a quattro zampe che cercano casa e tra questi ci sono anche tanti gatti.
Vi mostro quindi alcuni musetti simpatici che sono alla ricerca, nella speranza che chi legge questo blog possa almeno condividere dando così loro la visibilità che meritano e magari trovare qualcuno che li accolga.
Iniziamo con Terry e Maggie, due micine di circa 45 giorni di età (quindi piccole piccole) davvero deliziose che con il loro musino, che sembra quasi una mascherina, hanno bisogno di trovar qualcuno che possa prenderle con sé.
Queste due micie, che sono state ritrovate dentro una scatola vicino ad una campagna, sono adottabili in tutta Italia con controlli pre e post affido (già sverminate, spulciate, vaccinata e con obbligo di sterilizzazione).
Proseguiamo poi con un'altra gattina tanto dolce e di razza certosina che possiede solo due mesi ed ha un carattere di indole timido e tanta voglia di coccole.
Si chiama Sissy ed è in cerca di qualcuno che la educhi e cresca con amore.
Anche per lei vale la stessa regola di adozione che ho scritto sopra per Terry e Maggie (ovvero si affida in tutta Italia previo pre e post affido e tutte le regole da seguire).
Guardate sotto che musetto:
Concludo per stasera con l'immagine di lui, il re della foresta, si chiama Jerry ed è un micione dalla faccia rotonda simpatica e buffa.
Stesse regole di adozione da seguire per lui come per tutti.
Guardate un poco e ditemi se non è tenero.
Bene per stasera concludo ricordo a chiunque fosse interessato ad adozioni che potete contattare La casa di Milly anche su facebook (gli altri contatti li ritrovate nel primo post che ho dedicato loro alla voce qui a fianco).
Ed ancora ricordo che attualmente La casa di Milly si occupa di 16 cani e di 16 gatti abbandonati che cercano famiglia e che chiunque abbia voglia di aiutare questi tre ragazzi (perché sono solo in 3 ad occuparsi di tutto e sono pieni fino al collo come si suol dire) può farlo benissimo contribuendo anche solo con piccole donazioni (anche solo due euro fanno differenza alle volte) al seguente numero di post pay:
4023600605797325 intestata a
Alessia codice fiscale BRR LSS 85 H 62 F 206 N
Potete in alternativa contattare loro e chiedere come contribuire (coperte, cibo, coccole, portare a spasso i cani, adozioni a distanza e tanto altro, ogni forma di contributo è quindi ben accetta).
Buona serata e ancora grazie per l'attenzione e se potete per la condivisione.
Iniziamo
Arrivo tardi come al solito nel mondo informatico e mi cimento
cosi' per la prima volta con un Blog ....
Ma come dice il famoso detto popolare "Meglio tardi che mai".
Il seguente Blog tratta pertanto svariati argomenti: si va dalla vita personale a Fotografie, dalla Letteratura all'Arte in generale (Musica, Teatro, Cinema), dalla Storia alle Biografie di personaggi famosi, Viaggi, Ricette di Cucina, Eventi e notizie in generale.
Percio' Benvenuto a chiunque voglia seguire queste pagine.
cosi' per la prima volta con un Blog ....
Ma come dice il famoso detto popolare "Meglio tardi che mai".
Il seguente Blog tratta pertanto svariati argomenti: si va dalla vita personale a Fotografie, dalla Letteratura all'Arte in generale (Musica, Teatro, Cinema), dalla Storia alle Biografie di personaggi famosi, Viaggi, Ricette di Cucina, Eventi e notizie in generale.
Percio' Benvenuto a chiunque voglia seguire queste pagine.
sabato 20 settembre 2014
giovedì 18 settembre 2014
Matteo Bordone torna su Sky e presenta "Gli anni '90 in Italia"
Ogni periodo storico ha la sua importanza ma se guardiamo al recente passato, restando nella nostra amata patria, subito dopo gli anni '80 non vi è alcuna ombra di dubbio che anche il decennio successivo, quello quindi dei '90, sia stato ricco di eventi che non si possono di certo lasciare nel dimenticatoio.
Gli anni che vanno dal 1990 al 1999 sono stati quelli che ci hanno aperto ad un mondo tutto nuovo (basti pensare, un solo esempio su tutti, alla grande evoluzione tecnologica vissuta rispetto al precedente) e che personalmente ricordo con piacere in quanto anni della mia adolescenza.
Questo incipit introduttivo mi serve semplicemente per dirvi di non perdervi lunedì 22 settembre, in prima serata, sul canale 403 di Sky (National Geographic Channel per capirci) il nuovo programma che Matteo Bordone presenterà su questo decennio.
Il titolo del programma è "Gli anni '90 in Italia" e la pubblicità gira in televisione già da qualche mese.
Gli anni che vanno dal 1990 al 1999 sono stati quelli che ci hanno aperto ad un mondo tutto nuovo (basti pensare, un solo esempio su tutti, alla grande evoluzione tecnologica vissuta rispetto al precedente) e che personalmente ricordo con piacere in quanto anni della mia adolescenza.
Questo incipit introduttivo mi serve semplicemente per dirvi di non perdervi lunedì 22 settembre, in prima serata, sul canale 403 di Sky (National Geographic Channel per capirci) il nuovo programma che Matteo Bordone presenterà su questo decennio.
Il titolo del programma è "Gli anni '90 in Italia" e la pubblicità gira in televisione già da qualche mese.
E così Matteo ci riprova, dopo l'inevitabile successo del programma sugli anni '80, fa il bis e ripropone agli spettatori a casa (con la bravura che lo contraddistingue nella fase esplicativa introduttiva di 5 minuti, lasciando parlare poi le immagini e le testimonianze dei grandi personaggi del periodo) anche quelli che sono stati gli eventi avvenuti in un periodo altrettanto eccezionale come quello di cui si è scritto.
Stavolta però, sembra non ampli il discorso come la volta precedente e rimane invece sui fatti accaduti in casa nostra (che comunque sono stati influenzati a loro volta dai vicini di casa, non solo a livello europeo, ma anche da quelli d'oltreoceano).
Prodotto da Stand by Me per National Geographic Channel, diretto dal regista Andrea Doretti e scritto da Stefano Ciavatta e Claudio Moretti, il programma ha, almeno a mio avviso, tutte le caratteristiche per essere un successo uguale (forse anche maggiore) al primo format.
Non scrivo nient'altro se non che vi consiglio di non perdervi l'appuntamento di lunedì 22 per poter fare un bel tuffo tra i ricordi.
martedì 16 settembre 2014
Anna Banti: Artemisia un genio dell'arte nel dimenticatoio.
Ho preso in mano un libro di una scrittrice che conoscevo poco (anche se lei è famosa) e dopo averlo letto con molta attenzione lo ripropongo anche a chi segue questo blog.
Parlo di Anna Banti e del suo capolavoro: Artemisia.
Voglio condividerlo con voi, soprattutto con le lettrici donne (almeno, in generale, con coloro che sono appassionati di lettura), perché credo che in questo libro sia espressa la profondità dell'essere donna.
Prima di parlarvi di questo romanzo introduco, come spesso uso fare, in poche parole anche qualche notizia sulla sua scrittrice.
ANNA BANTI:
Anna Banti, pseudonimo di Lucia Lopresti, (nata a Firenze nel giugno 1895 e morta a Ronchi di Massa nel settembre 1985) è stata considerata come una delle scrittrici e traduttrici più autorevoli della Letteratura Italiana Contemporanea.
Incoraggiata dal padre a intraprendere fin da giovane gli studi umanistici, Lucia (che in seguito trasformerà il suo nome ed anche il cognome con quello artistico scelto, come lei stessa ha dichiarato in una intervista, ispirandosi ad una lontana cugina di sua madre che era una nobildonna) esordisce giovane.
Nel 1924 si sposa con quello che è stato il suo professore d'Arte del Liceo, a Roma, e che in Italia è stato uno dei più famosi critici e storico dell'arte: Roberto Longhi.
Insieme al marito ha fondato e diretto la rivista "Paragone" dove si occupò della sezione letteraria e nello stesso tempo è stata anche traduttrice, dall'inglese all'italiano, di opere come: La fiera delle vanità, di William Makepeace Tackery; La stanza di Jacob, di Virginia Woolf; L'abbazia di Northanger, di Jane Austen; Zanna Bianca, di Jack London e tante altre opere di autori stranieri.
Nel 1947 arriva il suo primo successo personale di critica con il romanzo "Artemisia" (di cui vi parlerò tra poco).
Seguirono poi i romanzi: Le donne muoiono (1951); I Campi Elisi (1963); il romanzo storico Noi Credevamo (1967, diventato famoso dopo Artemisia, anche questo trasposto per la televisione e il cinema); La camicia bruciata (1973); Da un paese vicino (1975); ultimo libro della scrittrice è stato Un grido lacerante (1981, trovate comunque la bibliografia dell'autrice completa su Wikipedia, di cui vi rimando qui sotto alla voce fonti e immagini).
Senza andare troppo oltre veniamo quindi adesso al libro di Artemisia.
ARTEMISIA:
Pubblicato nel 1947 Artemisia è il secondo romanzo di Anna Banti.
La stesura di questo libro è stata per l'autrice molto travagliata in quanto aveva terminato il suo romanzo già nel 1944 ma con la guerra, durante un bombardamento avvenuto su Firenze, tutta la sua fatica nello scriverlo era andata persa.
Combattuta da sentimenti contrastanti e ritrovata in sé una forza interiore nuova, la Banti, decise di ritentare con questa sua creatura e così ridiede vita alla sua Artemisia.
L'Artemisia di cui ci scrive è esistita realmente ed altri non è che Artemisia Gentileschi, famosa pittrice della metà del '600 ed appartenente alla scuola Caravaggesca.
Scrive la Banti nella sua introduzione al lettore:
Oltraggiata appena giovinetta, nell'onore e nell'amore. Vittima svillanneggiata di un pubblico processo di stupro. Che tenne scuola di pittura a Napoli. Che s'azzardò, verso il 1638, nell'eretica Inghilterra. Una delle prime donne che sostennero colle parole e con le opere il diritto al lavoro congeniale e ad una parità di spirito tra i due sessi.
Basandosi su documenti di archivio e osservandone i quadri, Anna Banti, ricostruisce così la storia della pittrice Gentileschi e lo fa con uno stile tutto suo, sotto forma di dialogo, si tratta infatti (come scrivono molti critici letterari) di una donna che racconta un'altra donna condividendo con essa non solo il fatto della sua femminilità quanto l'arte, seppur espressa in maniera diversa (con le immagini la pittrice e con le parole la scrittrice).
Una vicinanza quasi spirituale in cui autrice e personaggio si ritrovano grazie al mondo dell'arte.
Artemisia, donna forte ed indipendente, figlia primogenita del pittore toscano Orazio Gentileschi (esponente di spicco della scuola caravaggesca a Roma) ha dimostrato fin dall'infanzia di essere più portata per l'arte dei suoi fratelli e di essere in famiglia il vero genio artistico.
Peccato però che l'epoca in cui è vissuta, ovvero nel '600, non le abbia lasciato aperture e spazi a lei opportuni relegandola il più delle volte al suo ruolo convenzionale di donna anche se Artemisia è stata tutto meno che convenzionale.
La Banti è legata profondamente al suo personaggio (in tal caso esistito realmente e non finto quindi)
ed è consapevole a pieno che solo attraverso le sue parole, la sua narrazione, Artemisia potrà rivivere.
Si legge infatti alle pagine 24-25 (nell'edizione tascabili Bompiani quella a cui mi rifaccio):
Dipende da me il silenzio che segue questo racconto rotto, incalzato da una fretta convulsa. Decido che non lascerò più parlare Artemisia, non parlerò più per lei, nel mio presente non c'è più posto per il passato né per il futuro. Ma mentre discorro coi polverosi vivi, una fresca vocina ostinata e querula ripete la domanda: Non dico bene ? >> ....
La promessa quindi della scrittrice di non dare ampio spazio o voce alla sua protagonista si infrange nel momento stesso in cui fa un finto giuramento a sé stessa.
Anna sa che Artemisia ormai è parte di sé e non può liquidarla così.
In fondo è Artemisia stessa donna dalla vita travagliata e particolare per questo non la si può lasciare da parte.
Il suo talento di artista è stato nutrito fin da piccola dalla sua famiglia ed è cresciuto e si è sviluppato in una città che le offriva gli stimoli e i contatti giusti: Roma.
Erano tuttavia precluse alle donne dell'epoca le scuole di arte e altri mestieri in genere e così Artemisia dovette imparare da sola seguendo la scia di suo padre inizialmente ed affermandosi poi da sola nel tempo, tanto da poter aprire una propria scuola di pittura a Napoli.
La vita di Artemisia è stata segnata da tanti sacrifici per la propria indipendenza e per la sua parità con gli altri uomini.
Inoltre la sua vita è stata segnata da un brutto avvenimento che la Banti riporta con la sua delicatezza femminile. Artemisia è stata vittima di uno stupro, avvenuto nel maggio del 1611 per mano di Agostino Tassi (anch'egli pittore ed introdotto dal padre di Artemisia nelle sue cerchie di amicizia),
e lo stesso che abusò di lei non poté ricorrere al matrimonio riparatore in quanto già sposato.
Il pubblico processo e la violenza subita portarono Artemisia ad essere sbeffeggiata continuamente dai romani e da chi la conosceva e così il padre, Orazio, dovette ricorrere ad un altro matrimonio per salvarne quel che rimaneva della sua rispettosità (che all'epoca dopo una violenza fisica era ormai nulla) e a darla in sposa ad un giovane pittore: Antonio Stiattesi.
Certamente è per queste ragioni che Artemisia è diventata nel tempo il simbolo del desiderio di ribellione nei confronti dell'uomo e del suo potere (negli anni '70 infatti, la pittrice è diventata simbolo internazionale del femminismo che a lei dedicava il suo nome in svariate occasioni: dalle associazioni, alle cooperative e persino un albergo solo femminile a Berlino)
La storia dello stupro ha indubbiamente messo in ombra quelli che sono stati i veri meriti professionali di una artista di puro talento e genialità.
Così Artemisia è stata comunque costretta a lasciare Roma per un periodo e a trasferirsi prima a Firenze, dove comunque segnò un punto a favore del genere femminile diventando la prima donna ad essere ammessa, nel 1616, presso l'Accademia delle Arti e del Disegno, ed in seguito a Napoli, nel 1630, dove riuscì comunque ad aprire una scuola tutta sua.
Subito dopo si recò a Londra, dove riallacciò per un periodo i contatti con il padre e dove prese a dipingere per la corte inglese, ed infine ritornò a Napoli dove morì nel 1653.
Pur se raccontata qui a brevi tratti si può ben comprendere il perché la storia di Artemisia risulti importante.
Artemisia non è stata solo una tra le prime pittrici donne della storia dell'Arte d'Europa, ma è stata anche simbolo di lotta contro un dominio maschile, una ribelle che ha ottenuto dei suoi risultati anche a caro prezzo.
La bravura della Banti nella sua scrittura aperta, sotto forma di dialogo, è stata quella di evidenziare nella giusta luce psicologica il carattere di questa grande artista, la sua voglia di libertà prigioniera in un mondo di dominio maschile.
Ragazzina violata, costretta a farsi sposa con un altro uomo che non amava, costretta ad avere quattro figli ma che nonostante tutto, attraverso il mondo dell'Arte è riuscita a trovare la sua salvezza, la sua indipendenza, la sua libertà, la sua espressione più profonda.
Anna Banti, con il suo libro su Artemisia ha colto tutti gli aspetti in pieno e li ha saputi rendere al lettore aprendo così una nuova visione su un artista che era finita nel dimenticatoio.
Lo consiglio vivamente.
FONTI ED IMMAGINI:
http://www.vieusseux.it/eventi/103/70-Alberto-Arbasino-e-Franco-Zabagli-presentano-il-volume-Romanzi-e-racconti-di-Anna-Banti.html
Parlo di Anna Banti e del suo capolavoro: Artemisia.
Voglio condividerlo con voi, soprattutto con le lettrici donne (almeno, in generale, con coloro che sono appassionati di lettura), perché credo che in questo libro sia espressa la profondità dell'essere donna.
Prima di parlarvi di questo romanzo introduco, come spesso uso fare, in poche parole anche qualche notizia sulla sua scrittrice.
ANNA BANTI:
Anna Banti, pseudonimo di Lucia Lopresti, (nata a Firenze nel giugno 1895 e morta a Ronchi di Massa nel settembre 1985) è stata considerata come una delle scrittrici e traduttrici più autorevoli della Letteratura Italiana Contemporanea.
Incoraggiata dal padre a intraprendere fin da giovane gli studi umanistici, Lucia (che in seguito trasformerà il suo nome ed anche il cognome con quello artistico scelto, come lei stessa ha dichiarato in una intervista, ispirandosi ad una lontana cugina di sua madre che era una nobildonna) esordisce giovane.
Nel 1924 si sposa con quello che è stato il suo professore d'Arte del Liceo, a Roma, e che in Italia è stato uno dei più famosi critici e storico dell'arte: Roberto Longhi.
Insieme al marito ha fondato e diretto la rivista "Paragone" dove si occupò della sezione letteraria e nello stesso tempo è stata anche traduttrice, dall'inglese all'italiano, di opere come: La fiera delle vanità, di William Makepeace Tackery; La stanza di Jacob, di Virginia Woolf; L'abbazia di Northanger, di Jane Austen; Zanna Bianca, di Jack London e tante altre opere di autori stranieri.
Nel 1947 arriva il suo primo successo personale di critica con il romanzo "Artemisia" (di cui vi parlerò tra poco).
Seguirono poi i romanzi: Le donne muoiono (1951); I Campi Elisi (1963); il romanzo storico Noi Credevamo (1967, diventato famoso dopo Artemisia, anche questo trasposto per la televisione e il cinema); La camicia bruciata (1973); Da un paese vicino (1975); ultimo libro della scrittrice è stato Un grido lacerante (1981, trovate comunque la bibliografia dell'autrice completa su Wikipedia, di cui vi rimando qui sotto alla voce fonti e immagini).
Senza andare troppo oltre veniamo quindi adesso al libro di Artemisia.
Pubblicato nel 1947 Artemisia è il secondo romanzo di Anna Banti.
La stesura di questo libro è stata per l'autrice molto travagliata in quanto aveva terminato il suo romanzo già nel 1944 ma con la guerra, durante un bombardamento avvenuto su Firenze, tutta la sua fatica nello scriverlo era andata persa.
Combattuta da sentimenti contrastanti e ritrovata in sé una forza interiore nuova, la Banti, decise di ritentare con questa sua creatura e così ridiede vita alla sua Artemisia.
L'Artemisia di cui ci scrive è esistita realmente ed altri non è che Artemisia Gentileschi, famosa pittrice della metà del '600 ed appartenente alla scuola Caravaggesca.
Scrive la Banti nella sua introduzione al lettore:
Oltraggiata appena giovinetta, nell'onore e nell'amore. Vittima svillanneggiata di un pubblico processo di stupro. Che tenne scuola di pittura a Napoli. Che s'azzardò, verso il 1638, nell'eretica Inghilterra. Una delle prime donne che sostennero colle parole e con le opere il diritto al lavoro congeniale e ad una parità di spirito tra i due sessi.
Basandosi su documenti di archivio e osservandone i quadri, Anna Banti, ricostruisce così la storia della pittrice Gentileschi e lo fa con uno stile tutto suo, sotto forma di dialogo, si tratta infatti (come scrivono molti critici letterari) di una donna che racconta un'altra donna condividendo con essa non solo il fatto della sua femminilità quanto l'arte, seppur espressa in maniera diversa (con le immagini la pittrice e con le parole la scrittrice).
Una vicinanza quasi spirituale in cui autrice e personaggio si ritrovano grazie al mondo dell'arte.
Artemisia, donna forte ed indipendente, figlia primogenita del pittore toscano Orazio Gentileschi (esponente di spicco della scuola caravaggesca a Roma) ha dimostrato fin dall'infanzia di essere più portata per l'arte dei suoi fratelli e di essere in famiglia il vero genio artistico.
Peccato però che l'epoca in cui è vissuta, ovvero nel '600, non le abbia lasciato aperture e spazi a lei opportuni relegandola il più delle volte al suo ruolo convenzionale di donna anche se Artemisia è stata tutto meno che convenzionale.
La Banti è legata profondamente al suo personaggio (in tal caso esistito realmente e non finto quindi)
ed è consapevole a pieno che solo attraverso le sue parole, la sua narrazione, Artemisia potrà rivivere.
Si legge infatti alle pagine 24-25 (nell'edizione tascabili Bompiani quella a cui mi rifaccio):
Dipende da me il silenzio che segue questo racconto rotto, incalzato da una fretta convulsa. Decido che non lascerò più parlare Artemisia, non parlerò più per lei, nel mio presente non c'è più posto per il passato né per il futuro. Ma mentre discorro coi polverosi vivi, una fresca vocina ostinata e querula ripete la domanda: Non dico bene ? >> ....
La promessa quindi della scrittrice di non dare ampio spazio o voce alla sua protagonista si infrange nel momento stesso in cui fa un finto giuramento a sé stessa.
Anna sa che Artemisia ormai è parte di sé e non può liquidarla così.
In fondo è Artemisia stessa donna dalla vita travagliata e particolare per questo non la si può lasciare da parte.
Il suo talento di artista è stato nutrito fin da piccola dalla sua famiglia ed è cresciuto e si è sviluppato in una città che le offriva gli stimoli e i contatti giusti: Roma.
Erano tuttavia precluse alle donne dell'epoca le scuole di arte e altri mestieri in genere e così Artemisia dovette imparare da sola seguendo la scia di suo padre inizialmente ed affermandosi poi da sola nel tempo, tanto da poter aprire una propria scuola di pittura a Napoli.
La vita di Artemisia è stata segnata da tanti sacrifici per la propria indipendenza e per la sua parità con gli altri uomini.
Inoltre la sua vita è stata segnata da un brutto avvenimento che la Banti riporta con la sua delicatezza femminile. Artemisia è stata vittima di uno stupro, avvenuto nel maggio del 1611 per mano di Agostino Tassi (anch'egli pittore ed introdotto dal padre di Artemisia nelle sue cerchie di amicizia),
e lo stesso che abusò di lei non poté ricorrere al matrimonio riparatore in quanto già sposato.
Il pubblico processo e la violenza subita portarono Artemisia ad essere sbeffeggiata continuamente dai romani e da chi la conosceva e così il padre, Orazio, dovette ricorrere ad un altro matrimonio per salvarne quel che rimaneva della sua rispettosità (che all'epoca dopo una violenza fisica era ormai nulla) e a darla in sposa ad un giovane pittore: Antonio Stiattesi.
Certamente è per queste ragioni che Artemisia è diventata nel tempo il simbolo del desiderio di ribellione nei confronti dell'uomo e del suo potere (negli anni '70 infatti, la pittrice è diventata simbolo internazionale del femminismo che a lei dedicava il suo nome in svariate occasioni: dalle associazioni, alle cooperative e persino un albergo solo femminile a Berlino)
La storia dello stupro ha indubbiamente messo in ombra quelli che sono stati i veri meriti professionali di una artista di puro talento e genialità.
Così Artemisia è stata comunque costretta a lasciare Roma per un periodo e a trasferirsi prima a Firenze, dove comunque segnò un punto a favore del genere femminile diventando la prima donna ad essere ammessa, nel 1616, presso l'Accademia delle Arti e del Disegno, ed in seguito a Napoli, nel 1630, dove riuscì comunque ad aprire una scuola tutta sua.
Subito dopo si recò a Londra, dove riallacciò per un periodo i contatti con il padre e dove prese a dipingere per la corte inglese, ed infine ritornò a Napoli dove morì nel 1653.
Pur se raccontata qui a brevi tratti si può ben comprendere il perché la storia di Artemisia risulti importante.
Artemisia non è stata solo una tra le prime pittrici donne della storia dell'Arte d'Europa, ma è stata anche simbolo di lotta contro un dominio maschile, una ribelle che ha ottenuto dei suoi risultati anche a caro prezzo.
La bravura della Banti nella sua scrittura aperta, sotto forma di dialogo, è stata quella di evidenziare nella giusta luce psicologica il carattere di questa grande artista, la sua voglia di libertà prigioniera in un mondo di dominio maschile.
Ragazzina violata, costretta a farsi sposa con un altro uomo che non amava, costretta ad avere quattro figli ma che nonostante tutto, attraverso il mondo dell'Arte è riuscita a trovare la sua salvezza, la sua indipendenza, la sua libertà, la sua espressione più profonda.
Anna Banti, con il suo libro su Artemisia ha colto tutti gli aspetti in pieno e li ha saputi rendere al lettore aprendo così una nuova visione su un artista che era finita nel dimenticatoio.
Lo consiglio vivamente.
FONTI ED IMMAGINI:
giovedì 11 settembre 2014
Tofu alla Siciliana una ricetta personalizzata
Quando si rientra dalle vacanze, almeno nel mio caso, ci si ritrova spesso a dover fare i conti con i chili di troppo ritrovati a causa della tipica alimentazione poco corretta che si va tenendo quando ci si rilassa.
E così con gli occhi che dicono addio ai cibi spazzatura si ritorna a fare la spesa e a riempire il frigorifero di verdura, frutta e altri ingredienti salutari.
Da circa un anno ormai ho eliminato la carne dalla mia alimentazione (non per seguire quelle che sono le mode del momento, quanto per affrontare dei problemi di salute che sono venuti a chi mi è vicino) ed ho iniziato con una fase nuova e sperimentale che mi ha aperto ad un nuovo mondo e ad un nuovo modo di stare ai fornelli.
In questa nuova fase ho iniziato con quello che credo sia uno degli alimenti base da cui partono molte persone che come me tentano di cambiare, parlo del: TOFU.
In realtà, come molti già sanno, esso non è un alimento nuovo, anzi viene usato nelle cucine orientali da migliaia di anni e con il tempo ho scoperto essere anche una fonte preziosa di proteine e con grandi valori nutrizionali.
Non vi racconterò qui tutta la storia di questo fagiolo magico (già perché il Tofu è ricavato dai fagioli di soia) ma vi ripropongo la ricetta che ho preparato oggi a pranzo e che ho ribattezzato con il nome di: Tofu alla Siciliana (così gusto per restare in tema delle mie origini e sposarlo a un ingrediente geograficamente più lontano).
Preparare il Tofu non è così difficile come può sembrare e se superate la diffidenza iniziale e trovate i giusti accostamenti il suo sapore risulterà gradevole.
Ecco allora la mia ricetta.
INGREDIENTI (per 2 Persone):
200 gr. di Tofu (reperibile anche nei banconi frigoriferi dei supermercati ormai); un piccolo panetto di Seitan (altro prodotto che troverete facilmente vicino al Tofu nei banconi dei supermercati e di cui vi parlerò anche in futuro); 1 Cipolla; dei Pomodori Secchi (io ne uso quattro/cinque); uno o due pizzichi di Origano; Pepe nero (potete usare comunque le spezie che più vi piacciono); Capperi; Pinoli; Olio extravergine di Oliva e un pizzico di sale.
PREPARAZIONE:
Tagliare a pezzi (date la forma di quadretti) il Tofu e il Seitan e metteteli da parte.
In una padella fate soffriggere in dell'Olio extravergine di Oliva la Cipolla (che avrete tritato prima), i capperi, i pinoli e i pomodori secchi che avrete tagliato a pezzettini in precedenza.
Aggiungete i quadretti di Tofu e il Seitan che avevate lasciato da parte dategli sopra un pizzico di origano, di pepe nero e di sale e mescolate tutti gli ingredienti (se pensate o vedete che si appiccicano in padella aggiungete pure un dito di acqua, poca di modo che gli ingredienti non attacchino alla padella).
Fate cuocere per circa 15 minuti ed ecco pronto il vostro Tofu.
Post scritto: Le foto che ho inserito le ho scattate a pranzo ma essendo oggi il tempo ballerino e nonostante l'uso del flash sono venute poco scure.
E così con gli occhi che dicono addio ai cibi spazzatura si ritorna a fare la spesa e a riempire il frigorifero di verdura, frutta e altri ingredienti salutari.
Da circa un anno ormai ho eliminato la carne dalla mia alimentazione (non per seguire quelle che sono le mode del momento, quanto per affrontare dei problemi di salute che sono venuti a chi mi è vicino) ed ho iniziato con una fase nuova e sperimentale che mi ha aperto ad un nuovo mondo e ad un nuovo modo di stare ai fornelli.
In questa nuova fase ho iniziato con quello che credo sia uno degli alimenti base da cui partono molte persone che come me tentano di cambiare, parlo del: TOFU.
In realtà, come molti già sanno, esso non è un alimento nuovo, anzi viene usato nelle cucine orientali da migliaia di anni e con il tempo ho scoperto essere anche una fonte preziosa di proteine e con grandi valori nutrizionali.
Non vi racconterò qui tutta la storia di questo fagiolo magico (già perché il Tofu è ricavato dai fagioli di soia) ma vi ripropongo la ricetta che ho preparato oggi a pranzo e che ho ribattezzato con il nome di: Tofu alla Siciliana (così gusto per restare in tema delle mie origini e sposarlo a un ingrediente geograficamente più lontano).
Preparare il Tofu non è così difficile come può sembrare e se superate la diffidenza iniziale e trovate i giusti accostamenti il suo sapore risulterà gradevole.
Ecco allora la mia ricetta.
INGREDIENTI (per 2 Persone):
200 gr. di Tofu (reperibile anche nei banconi frigoriferi dei supermercati ormai); un piccolo panetto di Seitan (altro prodotto che troverete facilmente vicino al Tofu nei banconi dei supermercati e di cui vi parlerò anche in futuro); 1 Cipolla; dei Pomodori Secchi (io ne uso quattro/cinque); uno o due pizzichi di Origano; Pepe nero (potete usare comunque le spezie che più vi piacciono); Capperi; Pinoli; Olio extravergine di Oliva e un pizzico di sale.
PREPARAZIONE:
Tagliare a pezzi (date la forma di quadretti) il Tofu e il Seitan e metteteli da parte.
In una padella fate soffriggere in dell'Olio extravergine di Oliva la Cipolla (che avrete tritato prima), i capperi, i pinoli e i pomodori secchi che avrete tagliato a pezzettini in precedenza.
Aggiungete i quadretti di Tofu e il Seitan che avevate lasciato da parte dategli sopra un pizzico di origano, di pepe nero e di sale e mescolate tutti gli ingredienti (se pensate o vedete che si appiccicano in padella aggiungete pure un dito di acqua, poca di modo che gli ingredienti non attacchino alla padella).
Fate cuocere per circa 15 minuti ed ecco pronto il vostro Tofu.
Post scritto: Le foto che ho inserito le ho scattate a pranzo ma essendo oggi il tempo ballerino e nonostante l'uso del flash sono venute poco scure.
Questo è il panetto di Tofu che ho poi tagliato a quadrotti
La padella con il soffritto di Cipolla, Pomodori Secchi e spezie (mancano i capperi e i pinoli)
L'aggiunta in padella di Tofu e Seitan tagliati
In cottura
Ed ecco il risultato finale
Il Tofu alla Sicula :)
martedì 2 settembre 2014
Le immagini di casa e delle Vacanze appena passate. Milazzo: una penisola affascinante.
I luoghi in cui nasci e cresci li porti sempre nel cuore, anche quando la vita ti porta lontano da loro farai in modo di conservare una piccola parte dentro di te, nel più profondo della tua anima, nella tua mente e in tutto il tuo essere in quanto persona.
Questo è quanto sento ogni volta che arriva l'estate e torno giù alla mia città di origine ed ogni volta, quando mi distacco da essa, porto con me qualche nuova immagine o qualcosa di nuovo da ricordare.
Quest'anno, a differenza di quelli passati, non ci siamo messi a girare la Sicilia in lungo e in largo, ma siamo voluti rimanere nei miei luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza, in quella Milazzo che ho odiato e amato quando ancora non comprendevo tante cose come adesso e che oggi invece lascia la nostalgia profonda.
Diciamo una sorta di "Saudaji" tutta nostra di isolani.
Credo che questo sentimento arcano lo descriva bene il vecchio giornalista siciliano Giuseppe Longo nella sua opera "La Sicilia è un'isola" dove si legge:
Oh, come è lontana e inverosimile quella mia età ora che mi sento abituato alle città di un altro mondo dove non sono diverse soltanto le dimensioni ma addirittura è diverso lo scopo dell'esistere.
Si abita in case di dieci piani, si sale e si scende in ascensore, non si vedono scale, ci si affolla e ci si preme, ci si spinge sugli autobus e nei tram stipati, si trascorrono anni senza mai sapere il nome del vicino che abita sullo stesso pianerottolo né di chi ama, e ci dà fastidio nella camera da letto accanto alla nostra; mentre allora si conosceva vita e miracoli di ogni abitante del quartiere, ci si preoccupava e addolorava dei casi altrui, passava quasi un vincolo di parentela con tutti gli altri concittadini....
Fu forse un'età migliore ? Ci pensiamo con malinconia e nostalgia, perché era l'infanzia, l'adolescenza, era l'età in cui si languiva d'amore sotto una finestra ed eravamo paghi se la ragazza ci mostrava gli occhi dietro gli scuri...
Si potrebbe proseguire ancora con le parole di Longo che decanta i vecchi ricordi di un tempo che fu e che non tornerà di certo indietro.
Personalmente, visto che non sono altrettanto brava con le parole come il giornalista Longo, voglio semplicemente lasciarvi con alcune delle foto di questi luoghi che ho nel cuore e che ho scattato durante la mia permanenza.
Perché alle volte ritornare sui propri passi può essere utile e salutare, alle volte rivedere il passato con i propri occhi ti apre la coscienza.
Se è quindi vero che una immagine vale più di mille parole eccovi le mie:
Se le foto sopra rappresentano solo alcuni dei fantastici panorami che casa mia offre, sotto invece ci sono le foto di quello che si dice sia il Castello più grande di tutta la Sicilia, sempre a Milazzo, che con le sue antiche origini domina il promontorio dalla data storica dell'843 dove, gli Arabi prima, i Normanni, gli Svevi, gli Aragonesi poi, ne hanno fatto nel tempo un vero e proprio complesso fortificato.
Purtroppo noi ci siamo andati nel giorno di chiusura ma di questo luogo ho così tanti ricordi del suo interno che potrei stare a parlarvene per ore (da ragazzini infatti era una delle nostre mete preferite. Chi non ha mai giocato ai pirati in un borgo antico ?)
Potrei descrivervi per ore la bellezza maestosa della cinta muraria spagnola, della cittadella interna o del suo Duomo antico, con importanti opere di grandi pittori e artisti dei vari secoli, della sua prigione interna, del Mastio e persino narrarvi di tante leggende che ruotano intorno ad esso (come ad esempio quello del fantasma di una suora che è stata murata viva nei secoli passati e che ora si aggira in pena tra le sue mura).
Come sempre invece lascio che le immagini parlino per me.
Questo è quanto sento ogni volta che arriva l'estate e torno giù alla mia città di origine ed ogni volta, quando mi distacco da essa, porto con me qualche nuova immagine o qualcosa di nuovo da ricordare.
Quest'anno, a differenza di quelli passati, non ci siamo messi a girare la Sicilia in lungo e in largo, ma siamo voluti rimanere nei miei luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza, in quella Milazzo che ho odiato e amato quando ancora non comprendevo tante cose come adesso e che oggi invece lascia la nostalgia profonda.
Diciamo una sorta di "Saudaji" tutta nostra di isolani.
Credo che questo sentimento arcano lo descriva bene il vecchio giornalista siciliano Giuseppe Longo nella sua opera "La Sicilia è un'isola" dove si legge:
Oh, come è lontana e inverosimile quella mia età ora che mi sento abituato alle città di un altro mondo dove non sono diverse soltanto le dimensioni ma addirittura è diverso lo scopo dell'esistere.
Si abita in case di dieci piani, si sale e si scende in ascensore, non si vedono scale, ci si affolla e ci si preme, ci si spinge sugli autobus e nei tram stipati, si trascorrono anni senza mai sapere il nome del vicino che abita sullo stesso pianerottolo né di chi ama, e ci dà fastidio nella camera da letto accanto alla nostra; mentre allora si conosceva vita e miracoli di ogni abitante del quartiere, ci si preoccupava e addolorava dei casi altrui, passava quasi un vincolo di parentela con tutti gli altri concittadini....
Fu forse un'età migliore ? Ci pensiamo con malinconia e nostalgia, perché era l'infanzia, l'adolescenza, era l'età in cui si languiva d'amore sotto una finestra ed eravamo paghi se la ragazza ci mostrava gli occhi dietro gli scuri...
Si potrebbe proseguire ancora con le parole di Longo che decanta i vecchi ricordi di un tempo che fu e che non tornerà di certo indietro.
Personalmente, visto che non sono altrettanto brava con le parole come il giornalista Longo, voglio semplicemente lasciarvi con alcune delle foto di questi luoghi che ho nel cuore e che ho scattato durante la mia permanenza.
Perché alle volte ritornare sui propri passi può essere utile e salutare, alle volte rivedere il passato con i propri occhi ti apre la coscienza.
Se è quindi vero che una immagine vale più di mille parole eccovi le mie:
Milazzo è una lingua di terra (quindi una penisola) lunga 7 chilometri che si affaccia sul mar Tirreno
Panoramica
Il sentiero che conduce al Faro (Capo Milazzo, parte alta della città)
Lungo il sentiero di Capo Milazzo
Sullo sfondo si intravedono le mitiche Isole Eolie
Il cartello indica i Laghetti di Venere che sono situati nella punta finale di Capo Milazzo (una quarantina di minuti a piedi di passeggiata)
il sentiero per arrivare alla punta e ai laghetti
I Laghetti di Venere (oltre quelle rocce c'è il mare aperto)
Il Mitico Viso di Pietra
Purtroppo noi ci siamo andati nel giorno di chiusura ma di questo luogo ho così tanti ricordi del suo interno che potrei stare a parlarvene per ore (da ragazzini infatti era una delle nostre mete preferite. Chi non ha mai giocato ai pirati in un borgo antico ?)
Potrei descrivervi per ore la bellezza maestosa della cinta muraria spagnola, della cittadella interna o del suo Duomo antico, con importanti opere di grandi pittori e artisti dei vari secoli, della sua prigione interna, del Mastio e persino narrarvi di tante leggende che ruotano intorno ad esso (come ad esempio quello del fantasma di una suora che è stata murata viva nei secoli passati e che ora si aggira in pena tra le sue mura).
Come sempre invece lascio che le immagini parlino per me.
Mancano ovviamente le foto delle numerose chiese storiche della città (con tanto di storie di miracoli annessi), le foto dei palazzi in stile Liberty e del Palazzo dei Vicerè e dei Governatori. Mancano anche quelle del Lungomare Garibaldi (in pratica la lunga passeggiata che dal Porto di Milazzo arriva fino ad una zona di pescatori conosciuta con il nome di Vaccarella) e mancano anche quelle della mitologica Grotta di Polifemo. Vi lascio pertanto con le ultime foto, due riguardanti il panorama lungo la spiaggia di Ponente e la sua tipica spiaggia (composta da sassolini piatti e non appuntiti su cui puoi stendere il telo senza sporcarsi come invece accade con la sabbia) e le altre invece riguardano due ben noti prodotti della nostra terra che ci invidiano in mezzo mondo: parlo della "Granita Siciliana" e dei Fichi d'India (potevo anche fotografare gli alberi di arancio. noto simbolo, ma oltre a non essere periodo non rende la tipicità secondo me di quanto invece faccia l'altro frutto).
il mare visto dalla spiaggia di Ponente
Il tipo di Spiaggia (questa è una foto che non risale a quest'anno, come tutte le altre ma bensì all'estate del 2006)
La Granita di Caffè
Il Fico d'India
Con questo post per oggi è tutto, perdonate il tuffo nel passato e ci riaggiorniamo presto con nuove notizie e quant'altro. Buon proseguimento di giornata e Arrivederci
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