Parlo di Anna Banti e del suo capolavoro: Artemisia.
Voglio condividerlo con voi, soprattutto con le lettrici donne (almeno, in generale, con coloro che sono appassionati di lettura), perché credo che in questo libro sia espressa la profondità dell'essere donna.
Prima di parlarvi di questo romanzo introduco, come spesso uso fare, in poche parole anche qualche notizia sulla sua scrittrice.
ANNA BANTI:
Anna Banti, pseudonimo di Lucia Lopresti, (nata a Firenze nel giugno 1895 e morta a Ronchi di Massa nel settembre 1985) è stata considerata come una delle scrittrici e traduttrici più autorevoli della Letteratura Italiana Contemporanea.
Incoraggiata dal padre a intraprendere fin da giovane gli studi umanistici, Lucia (che in seguito trasformerà il suo nome ed anche il cognome con quello artistico scelto, come lei stessa ha dichiarato in una intervista, ispirandosi ad una lontana cugina di sua madre che era una nobildonna) esordisce giovane.
Nel 1924 si sposa con quello che è stato il suo professore d'Arte del Liceo, a Roma, e che in Italia è stato uno dei più famosi critici e storico dell'arte: Roberto Longhi.
Insieme al marito ha fondato e diretto la rivista "Paragone" dove si occupò della sezione letteraria e nello stesso tempo è stata anche traduttrice, dall'inglese all'italiano, di opere come: La fiera delle vanità, di William Makepeace Tackery; La stanza di Jacob, di Virginia Woolf; L'abbazia di Northanger, di Jane Austen; Zanna Bianca, di Jack London e tante altre opere di autori stranieri.
Nel 1947 arriva il suo primo successo personale di critica con il romanzo "Artemisia" (di cui vi parlerò tra poco).
Seguirono poi i romanzi: Le donne muoiono (1951); I Campi Elisi (1963); il romanzo storico Noi Credevamo (1967, diventato famoso dopo Artemisia, anche questo trasposto per la televisione e il cinema); La camicia bruciata (1973); Da un paese vicino (1975); ultimo libro della scrittrice è stato Un grido lacerante (1981, trovate comunque la bibliografia dell'autrice completa su Wikipedia, di cui vi rimando qui sotto alla voce fonti e immagini).
Senza andare troppo oltre veniamo quindi adesso al libro di Artemisia.
Pubblicato nel 1947 Artemisia è il secondo romanzo di Anna Banti.
La stesura di questo libro è stata per l'autrice molto travagliata in quanto aveva terminato il suo romanzo già nel 1944 ma con la guerra, durante un bombardamento avvenuto su Firenze, tutta la sua fatica nello scriverlo era andata persa.
Combattuta da sentimenti contrastanti e ritrovata in sé una forza interiore nuova, la Banti, decise di ritentare con questa sua creatura e così ridiede vita alla sua Artemisia.
L'Artemisia di cui ci scrive è esistita realmente ed altri non è che Artemisia Gentileschi, famosa pittrice della metà del '600 ed appartenente alla scuola Caravaggesca.
Scrive la Banti nella sua introduzione al lettore:
Oltraggiata appena giovinetta, nell'onore e nell'amore. Vittima svillanneggiata di un pubblico processo di stupro. Che tenne scuola di pittura a Napoli. Che s'azzardò, verso il 1638, nell'eretica Inghilterra. Una delle prime donne che sostennero colle parole e con le opere il diritto al lavoro congeniale e ad una parità di spirito tra i due sessi.
Basandosi su documenti di archivio e osservandone i quadri, Anna Banti, ricostruisce così la storia della pittrice Gentileschi e lo fa con uno stile tutto suo, sotto forma di dialogo, si tratta infatti (come scrivono molti critici letterari) di una donna che racconta un'altra donna condividendo con essa non solo il fatto della sua femminilità quanto l'arte, seppur espressa in maniera diversa (con le immagini la pittrice e con le parole la scrittrice).
Una vicinanza quasi spirituale in cui autrice e personaggio si ritrovano grazie al mondo dell'arte.
Artemisia, donna forte ed indipendente, figlia primogenita del pittore toscano Orazio Gentileschi (esponente di spicco della scuola caravaggesca a Roma) ha dimostrato fin dall'infanzia di essere più portata per l'arte dei suoi fratelli e di essere in famiglia il vero genio artistico.
Peccato però che l'epoca in cui è vissuta, ovvero nel '600, non le abbia lasciato aperture e spazi a lei opportuni relegandola il più delle volte al suo ruolo convenzionale di donna anche se Artemisia è stata tutto meno che convenzionale.
La Banti è legata profondamente al suo personaggio (in tal caso esistito realmente e non finto quindi)
ed è consapevole a pieno che solo attraverso le sue parole, la sua narrazione, Artemisia potrà rivivere.
Si legge infatti alle pagine 24-25 (nell'edizione tascabili Bompiani quella a cui mi rifaccio):
Dipende da me il silenzio che segue questo racconto rotto, incalzato da una fretta convulsa. Decido che non lascerò più parlare Artemisia, non parlerò più per lei, nel mio presente non c'è più posto per il passato né per il futuro. Ma mentre discorro coi polverosi vivi, una fresca vocina ostinata e querula ripete la domanda: Non dico bene ? >> ....
La promessa quindi della scrittrice di non dare ampio spazio o voce alla sua protagonista si infrange nel momento stesso in cui fa un finto giuramento a sé stessa.
Anna sa che Artemisia ormai è parte di sé e non può liquidarla così.
In fondo è Artemisia stessa donna dalla vita travagliata e particolare per questo non la si può lasciare da parte.
Il suo talento di artista è stato nutrito fin da piccola dalla sua famiglia ed è cresciuto e si è sviluppato in una città che le offriva gli stimoli e i contatti giusti: Roma.
Erano tuttavia precluse alle donne dell'epoca le scuole di arte e altri mestieri in genere e così Artemisia dovette imparare da sola seguendo la scia di suo padre inizialmente ed affermandosi poi da sola nel tempo, tanto da poter aprire una propria scuola di pittura a Napoli.
La vita di Artemisia è stata segnata da tanti sacrifici per la propria indipendenza e per la sua parità con gli altri uomini.
Inoltre la sua vita è stata segnata da un brutto avvenimento che la Banti riporta con la sua delicatezza femminile. Artemisia è stata vittima di uno stupro, avvenuto nel maggio del 1611 per mano di Agostino Tassi (anch'egli pittore ed introdotto dal padre di Artemisia nelle sue cerchie di amicizia),
e lo stesso che abusò di lei non poté ricorrere al matrimonio riparatore in quanto già sposato.
Il pubblico processo e la violenza subita portarono Artemisia ad essere sbeffeggiata continuamente dai romani e da chi la conosceva e così il padre, Orazio, dovette ricorrere ad un altro matrimonio per salvarne quel che rimaneva della sua rispettosità (che all'epoca dopo una violenza fisica era ormai nulla) e a darla in sposa ad un giovane pittore: Antonio Stiattesi.
Certamente è per queste ragioni che Artemisia è diventata nel tempo il simbolo del desiderio di ribellione nei confronti dell'uomo e del suo potere (negli anni '70 infatti, la pittrice è diventata simbolo internazionale del femminismo che a lei dedicava il suo nome in svariate occasioni: dalle associazioni, alle cooperative e persino un albergo solo femminile a Berlino)
La storia dello stupro ha indubbiamente messo in ombra quelli che sono stati i veri meriti professionali di una artista di puro talento e genialità.
Così Artemisia è stata comunque costretta a lasciare Roma per un periodo e a trasferirsi prima a Firenze, dove comunque segnò un punto a favore del genere femminile diventando la prima donna ad essere ammessa, nel 1616, presso l'Accademia delle Arti e del Disegno, ed in seguito a Napoli, nel 1630, dove riuscì comunque ad aprire una scuola tutta sua.
Subito dopo si recò a Londra, dove riallacciò per un periodo i contatti con il padre e dove prese a dipingere per la corte inglese, ed infine ritornò a Napoli dove morì nel 1653.
Pur se raccontata qui a brevi tratti si può ben comprendere il perché la storia di Artemisia risulti importante.
Artemisia non è stata solo una tra le prime pittrici donne della storia dell'Arte d'Europa, ma è stata anche simbolo di lotta contro un dominio maschile, una ribelle che ha ottenuto dei suoi risultati anche a caro prezzo.
La bravura della Banti nella sua scrittura aperta, sotto forma di dialogo, è stata quella di evidenziare nella giusta luce psicologica il carattere di questa grande artista, la sua voglia di libertà prigioniera in un mondo di dominio maschile.
Ragazzina violata, costretta a farsi sposa con un altro uomo che non amava, costretta ad avere quattro figli ma che nonostante tutto, attraverso il mondo dell'Arte è riuscita a trovare la sua salvezza, la sua indipendenza, la sua libertà, la sua espressione più profonda.
Anna Banti, con il suo libro su Artemisia ha colto tutti gli aspetti in pieno e li ha saputi rendere al lettore aprendo così una nuova visione su un artista che era finita nel dimenticatoio.
Lo consiglio vivamente.
FONTI ED IMMAGINI:
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