Iniziamo

Arrivo tardi come al solito nel mondo informatico e mi cimento
cosi' per la prima volta con un Blog ....
Ma come dice il famoso detto popolare "Meglio tardi che mai".
Il seguente Blog tratta pertanto svariati argomenti: si va dalla vita personale a Fotografie, dalla Letteratura all'Arte in generale (Musica, Teatro, Cinema), dalla Storia alle Biografie di personaggi famosi, Viaggi, Ricette di Cucina, Eventi e notizie in generale.
Percio' Benvenuto a chiunque voglia seguire queste pagine.

giovedì 27 febbraio 2014

Il Teatro Elisabettiano. Primo post sul teatro Inglese dal '500 fino al '700 da Marlowe a Shakespeare.

Tempo fa in questo blog ho scritto svariati post (il primo risale tra settembre-ottobre e l'ultimo invece a gennaio) riguardanti la Storia del Teatro Italiano Moderno e Contemporaneo, con la promessa che avrei toccato anche altri argomenti, ovviamente sempre riguardanti l'ambito teatrale, con protagonisti anche altre nazioni ed altri personaggi.
Stavolta quindi si cambia posizione geografica ed epoca e si fa un salto in Europa, più precisamente si tratterà (anche in tal caso compariranno 3 o 4 post scritti nel tempo, la media di uno al mese circa, salvo imprevisti dell'ultimo secondo) del Teatro Inglese nel periodo che va dalla fine del '500 ed arriva al '700, passando così attraverso quello che è conosciuto con il nome di  Teatro Elisabettiano e puntando i riflettori anche su alcuni dei personaggi più noti che sono racchiusi in questo periodo (ma non solo) come ad esempio il grande William Shakespeare.


Iniziamo quindi con lo scrivere che prima che arrivasse sul trono la regina Elisabetta (dal 1558 al 1603, ovviamente non parliamo dell'attuale regina ma della sua lontana antenata) a Londra, esistevano compagnie teatrali che non avevano una sede fissa ma che giravano in lungo e largo per il territorio portando in strada i propri spettacoli.
Possiamo dire che tra il 1400 e il 1550, si erano sviluppati svariati generi teatrali, alcuni più vicini ai drammi sacri (famoso in tal senso è il dramma "Everyman", testo il cui tema risulta alquanto morale), che sono però difficili da rinchiudere in un singolo contesto.
Certamente famosi erano i Menestrelli, professionisti teatrali che si esibivano a corte suonando uno strumento e danzando per i sovrani (gli storici fanno risalire alla data del 1469, la prima corporazione dei Menestrelli, voluta da re Edoardo IV, che ne dava in un certo senso una sorta di stabilità che prima non possedevano).
Vi erano poi gli Interludes, sviluppati tra il 14° e il 15° secolo, erano dei festini che potevano essere allestiti ovunque con pochi soldi e che venivano recitati da 4 o 5 persone (uomini, visto che alle donne era vietato salire in palcoscenico). Gli Interludi erano molto ricercati nel mondo teatrale: una volta che venivano rappresentati a corte infatti erano poi passati agli attori di basso rango che li inserivano nei loro repertori per anni e li portavano in mezzo al popolo in giro per le tourneé.
Nel 1533 gli Interludes riguardanti tematiche religiose o politiche furono proibiti (sanzioni severe erano applicate a chi non obbediva).
Primi segni di stabilità teatrale arrivarono nel 1570, quando il sovrano diede il permesso alle compagnie di attori di presentare le loro opere in pubblico anche giornalmente e ad ogni testo veniva applicata una sorta di censura, cioè doveva prima essere autorizzato dal Master of Revels, prima di andare sulle scene.
Nel 1580, comparvero le prime opere di un gruppo di autori colti e letterati, noti come "University Witts", che iniziarono a scrivere per il teatro pubblico. Tra loro il più importante fu Marlowe, autore del "Dottor Faust" (di cui vedremo qualche post più avanti).
Questo una specie di quadro e una infarinatura generale di quanto accadeva in Inghilterra in quel periodo, veniamo però adesso, invece, a quello che è il vero punto di forza del teatro inglese e che tutti gli storici teatrali sono concordi nell'indicare con l'arrivo di Elisabetta al trono.
Con lei, infatti, anche il teatro inizia ad avere quel riconoscimento e l' ordine che fino ad ora gli erano mancati.

 
Il regno di Elisabetta è iniziato nel Natale del 1558.
La nuova regina, controllò personalmente le attività teatrali (ne era appassionata) e nel Maggio del 1559 proclamò che ogni dramma da rappresentare in pubblico o in privato fosse prima approvato dalle autorità competenti.
Nel 1572, emanò anche una legge che poneva fine al vagabondaggio degli attori.
Tale legge richiedeva infatti che le compagnie si munissero di licenza per recitare (licenza che doveva essere concessa dai nobili o dai magistrati).
Insomma, sotto il suo regno, l'attività teatrale passa in primo piano, non più relegata a ranghi inferiori ma riconosciuta come una vera e propria forma espressiva di Arte.
I teatri di Londra si divisero così in due categorie: pubblici e privati.
In entrambi i casi gli spettacoli avevano inizio alle due del pomeriggio e finivano prima del tramonto, solo che nei teatri privati, gli spettacoli erano presentati agli aristocratici in sale di corte o palazzi nobiliari (quindi illuminati da candele e con posti a sedere, circa 500), mentre nei teatri pubblici, il popolo assisteva agli spettacoli all'aperto (in cortili di locande e arene, con posti in piedi per circa 3000 persone).
L'organizzazione dei teatri divenne presto di tipo commerciale dove al centro stavano gli Azionisti (coloro che prendevano le decisioni) ed intorno vi erano gli Attori ed il Personale di Scena (sostenuti da un Impresario, che aveva la proprietà del teatro e del materiale scenico).
Una compagnia londinese poteva arrivare ad avere fino ad una dozzina di soci-attori rispetto ai 6 delle compagnie itineranti.
Londra offriva così due elementi importanti: Sostegno fisso finanziario ed una Sede Stabile.
Grazie a ciò, prima del 1640, comparvero almeno 10 teatri pubblici, tra questi i più noti furono: il Theatre; il Red Lion; il Rose; il Fortune; il Globe.
Erano tutti costruiti ai confini della città e ognuno possedeva forme differenti (circolari, ottagonali, quadrate) e per quanto riguarda il discorso scenografie invece, non si conosce bene quali fossero le pratiche sceniche del tempo, anche se gli studiosi concordano sul fatto che in teatro erano usati elementi scenografici semplici che solo dopo il 1600 divennero più complesse e ampliando l'uso di effetti speciali.
L'unica cosa che pare certa nel discorso sulle scenografie è che i teatri erano dotati di una sorta di palcoscenico interno (denominato inner stage, era il luogo in cui venivano sistemati gli oggetti di scena da utilizzare durante il corso della rappresentazione) che si trovava in uno spazio nascosto alla vista del pubblico e poteva essere rivelato solo quando l'azione lo richiedeva.
Scrivere del teatro Elisabettiano, esattamente come è stato per quello italiano, non è così semplice come può sembrare in quanto in quasi oltre 60 anni di attività sono state tante le innovazioni nel settore teatrale, i nomi degli autori e degli attori famosi che vi hanno partecipato, e riassumere un così ampio contesto non è di certo semplice.
Al momento fermerei (in attesa di raccogliere e sistemare meglio dell'altro materiale) questo post a questo punto, ovvero dopo una breve introduzione al periodo e al contesto generale, alla struttura organizzativa dei teatri e al contesto scenografico.
La prossima volta invece, descriveremo dei teatri più nel dettaglio e vedremo alcuni dei nomi e delle opere più famose del tempo (tranquilli che per arrivare a Shakespeare c'è ancora del tempo e vorrei inoltre lasciarlo come perla finale).
Al prossimo post allora e Buon proseguimento di serata.
 
Fonti ed Immagini:
 
Innocenti, Il teatro Elisabettiano, edizioni Il Mulino, 1994.
Appunti di Storia del Teatro e dello Spettacolo II dell'Università di Bologna, anno accademico 2000-2001, corso tenuto dal professor Guarino.
Prima Immagine è una foto scattata da me a Londra nel 2009 mentre le altre due immagini provengono da Wikipedia.
 
 

mercoledì 19 febbraio 2014

E poi quel film "Fortezza Bastiani".

Sull'onda dei ricordi della vita passata in qualità di studentessa universitaria (ormai più di 5 anni fa, in quel di Bologna) ho rinfrescato la memoria con un vecchio film in dvd preso in prestito dalla biblioteca.
Il film si intitola "Fortezza Bastiani", diretto da Michele Mellara ed uscito nel 2002.
Voglio pertanto condividere con voi oggi la trama del film.
Ambientato a Bologna (città universitaria per eccellenza appunto) agli inizi del nuovo millennio (anno 2000) cinque ragazzi, studenti universitari, si ritrovano a condividere un appartamento del centro e le loro vite simili ma diverse.
L'appartamento è stato soprannominato dagli stessi abitanti "Fortezza Bastiani" riprendendo il nome della fortezza che si ritrova all'interno del romanzo di Dino Buzzati "Il deserto dei tartari".
I ragazzi sono tutti alle prese con la fase finale del percorso universitario e si ritrovano così a dover fare i conti con la realtà e soprattutto a dover pensare al loro futuro.
La casa è per loro una "fortezza" appunto che li protegge dal mondo esterno con cui a breve però dovranno scontrarsi in quanto non possono comunque pensare di restare lì in eterno e dovranno riappropriarsi delle loro vite entrando poi per la prima volta nel mondo del lavoro.
Tra festini finali, esami, liti con i professori, quel tocco di marijuana (che come è noto capita di ritrovare in zone universitarie) che crea l'effetto opposto nei protagonisti, ovvero una allarmante lucidità nelle menti anziché render loro il percorso ovattato, in tremila e più peripezie i ragazzi faranno le loro scelte di vita.

Il film è stato presentato in diversi Festival cinematografici (tra cui anche il Los Angeles Italian Film Festival, il Belgrado Italian Film Festival e il Rovigno Film Festival), mentre i due registi hanno ricevuto una nomination al David di Donatello del 2003 come miglior regista esordiente e vinto due premi come: Premio Miglio Esordio Officinema (2002) e Premio Kossyra Festival del Mediterraneo (2003).
Nel cast tanti volti giovani (noti più o meno), come ad esempio: l'attore Denis Fasolo (nel ruolo di Napoleon); l'attore Giuseppe Gandini (che interpreta Benna e che sicuramente ricorderete anche in svariati ruoli televisivi e cinematografici se andate a rivedervi la sua filmografia); o ancora Duccio Giordano (nel ruolo di Rubin).
Consiglio vivamente la visione a chi vuol sorridere e riflettere almeno un poco sullo stile di vita da studente universitario e fare così un tuffo nel passato.


Immagine reperibile su:

http://www.cineblog01.net/fortezza-bastiani-2002/

lunedì 17 febbraio 2014

Un post per trovare casa a Giulio. Un amico a quattro zampe speciale.

Il mese scorso, esattamente il 14 Gennaio 2014, vi avevo scritto di un progetto per gli amici a 4 zampe che prendeva il nome de "La casa di Milly" e vi avevo elencato di cosa trattava esattamente e da chi era gestito (se siete interessati a conoscere di più andate a riprendere il post alla data in questione).
Visto che le visualizzazioni su quel post sono state numerose (di conseguenza mi pare corretto non far morire l'attenzione su un bel progetto come questo) vorrei a partire da questo mese dedicare ogni volta un angolino apposito solo per gli animali in cerca di adozione.
Già la volta scorsa vi avevo scritto di alcuni ospiti del rifugio, vi avevo raccontato le loro storie ed erano state riportate le loro foto.
Ebbene ancora oggi voglio portare all'attenzione di chi legge il presente blog, la storia di Giulio, di cui già in precedenza vi avevo accennato.
Raccolto dalla strada dove per un lungo periodo di tempo ha vissuto conoscendo così la cattiveria dell'uomo, il freddo, la fame e persino investito da un auto, Giulio è un cane che nonostante tutto quanto appena elencato ha ancora grande fiducia nell'animale uomo e così, grazie all'aiuto di Alessia (la ragazza che ha creato l'apposito rifugio per animali abbandonati e che ricordo ancora è mia sorella, perché se no sembrerei troppo di parte) è stato preso e portato momentaneamente in stallo presso la "Casa di Milly" di modo che non dovesse più vivere in quella maniera.


Giulio come ovviamente si capisce è ancora in cerca di una vera e propria seria adozione che gli consenta così di poter vivere finalmente in una casa e di conoscerne il calore che la abita.
Questo tenerone dal pelo color miele e con degli occhioni così grandi e dolci ha solo un anno circa (quindi un cucciolone) e grazie alle cure di chi lo segue gode di buona salute e di tanta voglia di giocare e di ricevere affetto. Gli hanno persino insegnato a dare la zampa, a non sporcare dentro casa o dentro la propria stanza in cui al momento è ospite, ed a giocare con le palline da tennis.
Non abbaia mai contro nessuno se non per fare da guardia ed è buono con chiunque, persino con i gatti.
Ovviamente Giulio è in cerca di persone serie e viene affidato solo tramite modulo di adozione e microchip (come dicono vari annunci in giro "No perditempo" ma solo chi ama davvero i cani e non chi pensa che siano dei peluches a comando da lasciare quando ci si stufa perché non è così che funziona ed esistono leggi in tal proposito).
Per chi fosse interessato può contattare direttamente Alessia al suo indirizzo e-mail:
Oppure contattarla direttamente tramite messaggio o visitando la pagina ufficiale:
https://www.facebook.com/lacasadimilly/about

Ricordiamo inoltre che la Casa di Milly è composta da volontari che non vedono soldi dallo Stato, dai Comuni o dalle Regioni e che quindi si autofinanziano con ciò che la gente vuole donare loro (anche solo un semplice euro o anche solo del materiale come cibo, coperte, giochi per animali, medicine e quant'altro) di spontanea volontà e che ogni centesimo viene messo nella cura e in tutto ciò che occorre per gli amici a 4 zampe.
Quindi se qualcuno fosse anche interessato a versare qualcosa può benissimo farlo tramite postpay
numero 4023 6006 0579 7325 intestata a Barresi Alessia. Codice fiscale: BRR LSS 85 H 62 F 206 N

Grazie a chi presta attenzione e facciamo girare il post affinché anche Giulio possa trovare casa !

venerdì 14 febbraio 2014

Dopo gli Psicovampiri ecco le Psicosette. Altro articolo sulle vittime dei falsi santoni.

In un post scritto e pubblicato l'11 di Ottobre del 2012, vi avevo parlato degli "Psicovampiri", ovvero di quella gente meschina capace di succhiare le nostre emozioni (soprattutto in momenti di evidente fragilità nell'arco della vita) annullando la nostra persona.
Ora, sfogliando una rivista di una mia amica , mi sono imbattuta nuovamente in un articolo che ha qualcosa di simile al precedente ma che stavolta si intitola "Le Psico sette fanno (anche) vittime illustri. Perché tutti abbiamo qualche debolezza".
L'articolo che è stato pubblicato sulla rivista settimanale "F" (Cairo Editore, settimanale n° 6 del 12 febbraio 2014) è stato scritto dalla giornalista Anna Tagliacarne ed illustra un mondo per lo più sconosciuto ma in cui, a quanto pare, non è poi così difficile rischiare di imbattersi.
Ma vediamo meglio di cosa stiamo parlando e cosa si può eventualmente fare per evitare certi pericoli.
Si legge alla pagina di introduzione (pagina 48):

Sono almeno 1500 in Italia. Hanno tre milioni di adepti (forse di più).
Persone semplici e fragili ? Macché. Una criminologa ci racconta come si può essere irretiti da un culto pericoloso o da un avido guru. Che ci aggancia quando, per esempio, siamo alle prese con un lutto o una malattia. Uscirne è difficile ma non impossibile. Nel nostro Paese però la legge non aiuta.

Già solo leggendo questa introduzione mi sono meravigliata (ed anche leggermente preoccupata) del numero così grande di queste sette e dell'altrettanto maggior numero di persone che vengono coinvolte loro malgrado.
La criminologa che ha raccontato alla giornalista di questo fenomeno in crescita si chiama Patrizia Santovecchi ed è presidentessa dell'Osservatorio Nazionale abusi psicologici oltre che collaboratrice con la Squadra anti-sette della Polizia di Stato.
Partendo da questo punto, io che non sapevo neanche (perdonate l'ignoranza ma come si vede c'è sempre da imparare) che esistesse una Squadra di Polizia apposita, che combatte contro queste sette, mi sono sempre più incuriosita ed ho deciso di riportare appunto questo articolo anche a chi legge questo blog.
Lungo le tre pagine dell'articolo (da pagina 48 a pagina 50) vengono poste svariate domande (tutte interessanti) alla dottoressa; domande classiche quali: Quante sono le sette in Italia ? Quanti gli adepti ? Cosa sono esattamente le psico sette ? Chi sono le vittime ? Come si può uscire da questa specie di catena ?
Alla fine il profilo che si delinea dalle risposte (almeno secondo l'interpretazione che ne ho ricevuta) è abbastanza inquietante.
Si scopre così che : le sette sono almeno 1500 (la criminologa riporta qui un esempio famoso su tutti quale quello della santona di Carpineta, "Mamma Ebe", di cui avrete certamente sentito parlare anche voi e che si ritrova condannata per esercizio abusivo della professione medica, perché in Italia non esiste il reato di plagio) e che si calcolano circa 3 milioni di adepti.
Sembra che siano soprattutto le donne a cadere nella trappola e ad essere reclutate, ma ciò non significa che il fenomeno non coinvolga anche gli uomini.
Chiunque può cadere vittima di queste sette, non ci sono estrazioni sociali differenti o età diverse, ogni persona può essere presa in castagna.
Alla domanda le Psico sette cosa sono ? la criminologa risponde così:

Hanno come obiettivi primari sesso e soldi, ma è meglio parlare di "culti abusanti".
Queste sette praticano culti distruttivi e mettono in atto pratiche manipolatorie. Possono essere piccoli gruppi di qualche decina di persone fino ad arrivare ad organizzazioni con migliaia di soggetti.
Il sesso viene usato come mezzo di espressione del loro leader, che offre conoscenze particolari ispirandosi a testi psicanalitici o a tecniche di rilassamento.
Si tratta di gruppi sincretisti spesso orientati al benessere psicofisico, al potenziamento del sé, allo sviluppo dei talenti con una impronta religiosa.

Quindi leggendo queste parole, si potrebbe benissimo pensare "Ah ma tanto non mi tocca perché questi sono santoni che prendono di mira solo persone deboli" ed invece non è proprio così perché alla domanda successiva, infatti, ci viene spiegato Chi sono le vittime e lì non puoi far altro che cominciare a ricrederti un momento.
Ma a questo punto Chi sono le vittime ?
Ed ecco che la criminologa spiega anche ciò e dichiara:

Gli adepti non sono necessariamente fragili, come si tende a ritenere: sono spesso soggetti idealisti, che hanno un senso religioso, cercano un significato da dare alla loro esistenza, valori da condividere e persone affini a loro ....
La vittima vive in un mondo ovattato perché la sua mente viene intorpidita. Crede di non sentire più lo sconforto ed il dolore ed abbassa così l'eventuale livello di ribellione...
Per tale ragione spesso hanno paura poi di fare denunce .... non possono certo andare a dire che hanno fatto sesso da adulti consenzienti n gruppo e che hanno speso tutti i loro soldi fino all'ultimo centesimo...
Provano vergogna per questi ricordi che sembrano appartenere ad un altro.
Le vittime di sette parlano delle loro esperienze come se avessero vissuto in uno stato di trance...

Capite ora che non è così facile descrivere bene le vittime ?
Alla fine potrebbe essere davvero chiunque a cascarci e si capisce anche bene perché poi diventa difficile anche il fattore denuncia visto i forti sentimenti di paura e vergogna che entrano in gioco.
Se pensate poi che in Italia non esistono ancora leggi precise e serie in tal proposito anche qui si comprende chiaramente come mai è facile incontrare lungo il cammino questa tipologia di persone.
Ultima domanda che vi riporto (non è l'ultima in sé ma è quella che vi riprendo io perché se no non finisco più il post, anche se interessante) è quella che la giornalista rivolge sempre alla dottoressa Santovecchi e che immagino chiunque vorrebbe fare, ovvero: Come se ne esce ?
La risposta che viene data è questa:

In una setta si acquisisce la sindrome dell'assedio: fuori c'è la negatività dentro invece c'è la salvezza. Dentro sono i salvati, fuori i dannati. Solo quando questo meccanismo di controllo si incrina diventa possibile mettere in discussione l'intero sistema e ci si libera...

Quindi alla fine dipende tutto dalla volontà dell'uomo. Ovviamente parliamo di una nuova acquisizione di volontà (visto che precedentemente invece non si è stati abbastanza forti) e di prendere una nuova consapevolezza della situazione generale.
Personalmente aggiungerei che non occorre avere paura né tanto meno vergognarsi di essere passati da questa situazione perché chi si dovrebbe vergognare è in realtà chi si approfitta dei momenti no della vita altrui.
L'articolo lo finisco qui. Spero di aver riportato qualcosa che possa essere stato di vostro interesse.
Se volete approfondire il discorso esistono numerosi siti che ne hanno già trattato in passato (alcuni ve li riporto sotto alla voce Fonti con incluso la fonte di questo articolo citato fino ad ora).



Fonte:

Articolo di Anna Tagliacarne, Le Psico sette fanno (anche) vittime illustri. Perché tutti abbiamo qualche debolezza", pubblicato su "F" di Cairo Editore, settimanale n° 6 del 12 febbraio 2014.

http://www.focus.it/community/cs/forums/thread/277948.aspx

Immagine da:

http://attualitanews.blogspot.it/

martedì 11 febbraio 2014

Addio a Shirley Temple. L'ex baby diva degli anni '30 famosa come "Riccioli d'Oro"

Altro lutto nel mondo dello spettacolo, è morta infatti ieri, all'età di 85 anni, l'attrice che un tempo è stata conosciuta come la bambina prodigio di Hollywood: Shirley Temple.
Famosa con il nomignolo di "Riccioli d'Oro" (per via del colore e della forma dei suoi capelli, soprannome che le è stato dato dal produttore e regista Irving Cummings che ha intitolato il suo film, nel 1935, proprio così), la Temple è stata una vera e propria piccola star americana nel periodo degli anni '30.


Nata a Santa Monica nell'Aprile del 1928, ha esordito sullo schermo alla tenerissima età di 4 anni (nella serie "Baby Burlesks") e nel tempo ha sempre interpretato i ruoli di bambine dolci, dalle moine accattivanti ma comunque dotate di sensibilità e spigliatezza nonostante l'età.
Nel 1934 viene scelta per il musical "Stand up and Cheer" in cui canta la canzone che porta il titolo di un suo film successivo (Baby Take a Bow, sempre dello stesso anno) e che la fa diventare tra le più richieste di Hollywood delle piccole star.
Vinse persino un premio Oscar (inventato dagli Studios appositamente per lei) con l'interpretazione di "La mascotte all'aeroporto".
In tutta la sua infanzia avrà girato più di 40 film (per la filmografia esatta consultate Wikipedia o altri fonti di riferimento) ed a soli 9 anni era già così famosa che le affidarono persino la consegna dell'Oscar a Walt Disney per il film animato Biancaneve e i sette nani.
Dal 1958 al 1961 è in televisione a raccontare favole per bambini ma lascia poi lo spettacolo perché ormai adulta e stanca e si dedica invece ad un campo tutto nuovo: la politica.
Diventa infatti delegata degli Stati Uniti all'Assemblea Generale dell'Onu nel 1969 e poi ambasciatrice USA in Ghana nel 1974.
Nel 1976 viene nominata capo del protocollo alla Casa Bianca dal Presidente Gerald Ford.
Lunga la sua attività in politica ma anche come amministratrice delegata di alcune società importanti (per un periodo di tempo è stata anche amministratrice della Disney Company).
Alla Temple è stato persino dato nome ad un famoso cocktail analcolico (inventato da un barman Hawaiano) e persino i Beatles la celebrarono a modo loro attraverso la copertina del loro album Sergent Pepper's Lonely Hearts dove appariva una bambola con le sue fattezze.
Non vi è dubbio che la sua figura è stata di grande importanza nel sistema delle baby star hollywoodiane e che la sua presenza è stata voluta e ammirata (soprattutto nel periodo storico della grande depressione americana) per portare una ventata di ilarità e freschezza nelle case.
Addio quindi a Shirley Temple che possa godersi finalmente il suo riposo.


Fonti ed Immagini:

http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2014/02/11/news/morta_shirley_temple_-78273002/

http://www.biography.com/people/shirley-temple-9503798

giovedì 6 febbraio 2014

Zia Mame un libro come pochi altri

Può un libro essere ironico e farvi trascorrere le giornate in allegria ?
Può un libro accompagnarvi nel tempo lasciandovi alla fine la voglia di rileggerlo altre cento volte ?
Può un libro essere anche intelligente ed istrionico ?
La risposta è sì se pensiamo al romanzo dello scrittore Patrick Dennis, intitolato "Zia Mame".
Consigliatomi da una amica (anche se alla mente mi sovviene di averne già sentito tanto parlare) ho deciso di leggerlo e alla fine non potevo non condividere con i lettori del blog le mie opinioni.
Per comprendere meglio procediamo prima con una breve nota introduttiva al suo autore per poi arrivare a scrivere del suo romanzo.

PATRICK DENNIS:

Pseudonimo di Edward Everett Tanner III, nasce a Evanston, nell'Illinois, nel maggio del 1921.
Dopo aver frequentato la Evanston High School (dove inizia ad usare lo pseudonimo con cui in seguito verrà conosciuto dal pubblico come scrittore; altro pseudonimo che userà sarà quello femminile di Virgina Rowans), si arruola nell'American Field Service, dove presta servizio come autista di ambulanze in Africa nel periodo della guerra.
Inizia la sua carriera lavorando come Ghostwriter (scriveva testi per altre persone in sostanza) per poi dare alle stampe alcuni suoi romanzi che vengono pubblicati però con lo pseudonimo (di cui scrivevamo poco sopra) di Virginia Rowans.
Lungo la sua carriera di scrittore ha pubblicato circa 16 romanzi (quasi tutti sotto svariati pseudonimi) alcuni dei quali sono diventati nel tempo dei veri e propri best seller.
Famoso per essere un personaggio del tutto sopra le righe, Dennis, sposa nel 1948 una ricca aristocratica da cui ebbe due figli, ma ben presto la lasciò dichiarandosi gay ed intrecciando altre relazioni.
Il successo di Dennis è arrivato nel 1955 grazie al suo celebre romanzo "Zia Mame" (libro che però fino ad allora non era stato ben compreso e che fu rifiutato da circa 19 editori prima di poter finalmente venire alla luce, dimostrando così l'ignoranza del panorama dell'editoria del periodo) che restò nella classifica dei best seller del New York Times per ben due anni di fila, vendendo più di due milioni di copie (poi tradotto in tante lingue nel resto del mondo).
Dopo tanti plausi e dopo tanto successo, Dennis, trascorse gli ultimi periodi della sua vita, dopo aver perso il patrimonio accumulato nel corso della carriera, lavorando in incognito come maggiordomo in una casa in California.
E' morto a New York nel 1976.
 
Veniamo ora al suo romanzo capolavoro, ovvero Zia Mame.
 
ZIA MAME:
 
Tradotto in quasi tutte le lingue del mondo, rimasto nella lista dei best seller del New York Times per ben due anni, con due milioni di copie vendute, Zia Mame è una ventata di aria fresca da inserire nelle librerie della propria casa.
Opera di invenzione (che però richiama sottilmente alcune vicende della vita dell'autore e di sua zia Marion Tanner) "Auntie Mame" (questo il titolo originale americano) narra le mille avventure di una ricca ed eccentrica zitella newyorkese, Mame Dennis appunto, a cui capitano tutta una serie di eventi comici improbabili che avvengono nell'arco di tre decenni circa (dagli anni del proibizionismo americano fino ai primi anni '50).
Ogni capitolo del libro (in tutto 11) racconta una storia a parte rendendolo così interessante e non noioso.
Il libro si apre con il capitolo intitolato "Zia Mame e l'orfanello" e vede, nell'anno di grazia del 1928, il piccolo Patrick, di soli undici anni,  costretto a cambiare la propria vita in un lampo a causa della morte di suo padre che lo lascia così orfano (la madre era morta dopo la sua nascita).
Ma per comprendere meglio la situazione, rifacciamo all'incipit dell'edizione italiana del libro (Adelphi 2009, anche se era già stato edito da Bompiani negli anni '50), dove si legge:
 
Immaginate di essere un ragazzino di undici anni nell'America degli anni Venti.
Immaginate che vostro padre vi dica che, in caso di sua morte, vi capiterà la peggiore delle disgrazie possibili: essere affidati a vostra zia che non conoscete.
Immaginate che vostro padre, quel ricco, freddo bacchettone, poco dopo effettivamente muoia nello spogliatoio del golf club.
Immaginate di essere spedito a New York, di suonare all'indirizzo che la vostra balia ha con sé e di vedervi aprire la porta da una gran dama leggermente equivoca vestita di stile giapponese.
Ancora immaginate che la gran dama vi dica "Ma Patrick caro sono tua zia Mame !" e di scoprire così che il vostro tutore è una donna che cambia scene e costumi nella vita a seconda delle mode che regolarmente anticipa.
A quel punto avete solo due scelte, o fuggire in cerca di tutori più accettabili o affidarvi al personaggio più eccentrico, vitale e indimenticabile che uno scrittore moderno abbia concepito... 
 
Già solo l'incipit introduttivo del libro fa comprendere a pieno quello che spetterà al piccolo ragazzo al fianco di questa straordinaria donna con le rotelle non propriamente tutte al posto giusto.
Seguendola su e giù nei suoi mille momenti "alternativi" il povero Patrick finirà per affezionarsi a quella strana creatura così istrionica e così poco abituata all'idea di dover crescere un bambino.
Non si può, leggendo il libro, non fare il tifo per Patrick e provare per lui simpatia e un poco di compassione per le mani in cui è capitato, anche se forse alla fine in quelle mani ci saremo voluti passare un poco anche noi lettori.
Attenzione però, perché Zia Mame non è un libro che va poi preso così alla leggera o altrimenti vi è il rischio di non apprezzarlo a pieno.
Di questo libro infatti quasi tutti hanno dichiarato che "O si Ama o si Odia" non esistono vie di mezzo e leggendo le varie recensioni (in rete come altrove) ho capito che è vero. A volte infatti la scrittura può non risultare del tutto brillante perché ricercata e dotata di uno stile tutto suo, ma è proprio questo che fa di Zia Mame un capolavoro.
Tanti sono i riferimenti al mondo artistico e teatrale e tantissimi i riferimenti psicologici (anche per questo può risultare non facile per alcuni) infine tanti i riferimenti culturali ad un epoca che ci è sempre solo stata raccontata e che non è mai stata vissuta come Zia Mame invece fa.
Per chi sa leggere tra le righe in realtà si nota alla fine l'ironia e la magia che contraddistingue questo romanzo e che vi saprà regalare dei momenti davvero unici nel suo genere strappandovi persino qualche sorriso. Posso solo concludere questo post scrivendovi che personalmente ve ne consiglio la lettura, per il resto spetta solo a voi decidere e se volete potremo anche discuterne in futuro.
 

 
Fonti ed Immagini:

Wikipedia (alle voci Dennis e Zia Mame)

Patrick Dennis, Zia Mame, Adelphi editore 2009
 

martedì 4 febbraio 2014

Ricetta di Febbraio: Sformatini di Salmone.

Entrati nel periodo di Carnevale e di San Valentino vi aspettereste da questo blog la solita ricetta mensile che descriva qualcosa a proposito di questi due eventi ed invece, andando controcorrente e soprattutto contro la commercializzazione che si racchiude intorno ad essi, voglio postare oggi una ricetta che nulla a che vedere con loro.
Si tratta come sempre di una ricetta facile e veloce, ma soprattutto deliziosa: Gli Sformatini di Salmone.
Anche questa ricetta viene, come molte altre, da vecchie riviste di Cucina che possiedo in casa (sotto alla voce fonti troverete gli estremi per le ricerche), questa viene addirittura da un mensile di fine anni '80 (tranquilli che gli ingredienti sono attuali però eh eh eh).
Iniziamo.

INGREDIENTI (Per 2 Persone):

30 gr. di Burro; Farina; un dl di latte; 170 gr. di Salmone (va bene anche quello che trovate nei reparti frigo dei supermercati, quello nelle buste chiuse); 30 gr. di Emmental grattugiato; un cucchiaino di succo di Limone; sale; 5 grani di pepe rosa (altrimenti se non l'avete usate il pepe nero, ma poco).

PREPARAZIONE:

Fate sciogliere 30 grammi di Burro in un pentolino, stemperatevi poi 30 gr. di Farina e cuocete per un minuto mescolando affinché prenda colore.
Aggiungete poco per volta il latte, un pizzico di sale, cuocete sempre mescolando per altri 5 minuti, fino a quando la salsa non si sarà addensata.
Fatela raffreddare e mescolatevi il Salmone con un pizzico (poco) di pepe, il formaggio grattugiato e il succo di Limone (volendo potete aggiungere ancora un pizzico di sale).
Versate il composto ottenuto in degli stampini da forno precedentemente imburrati e infarinati.
Cuocete a forno caldo a 190° per 20/25 minuti circa (sopra vi verrà dorato).

Servire e Buon Appetito.

Fonti ed Immagini:

Rivista Mensile Guida Cucina del 13 Febbraio 1989, Arnoldo Mondadori Editore.

Immagine invece ripresa dal sito internet: http://antipastiveloci.it/antipasto-di-san-valentino

lunedì 3 febbraio 2014

Addio all'attore e regista Philip Seymour Hoffman. Straordinario interprete di Truman Capote.

E' morto ieri, nel suo appartamento di New York all'età di 46 anni, l'attore e regista statunitense Philip Seymour Hoffman, sembra a causa di una overdose di eroina.
Nato a Fairport (New York) nel luglio del 1967, Hoffman è stato interprete di straordinaria e intensa bravura. Ha iniziato a recitare al liceo e a soli 17 anni è stato selezionato per partecipare alla New York Summer School of Arts.
Esponente del cinema indipendente, il debutto di Hoffman sul grande schermo avviene nel 1991con la partecipazione a Triple Bogey on a Par Five Hole del regista Amos Poe, che lo fa notare così anche alle grandi case di produzione cinematografica di Hollywood.
Dal 1992 partecipa a numerosi film di successo, come: Il grande Lebowski; Magnolia (dove interpreta l'infermiere Jason Robards ruolo per il quale conquista il National Board of Review Award come miglior attore non protagonista); Il talento di Mr. Ripley; Ubriaco d'amore; La 25°ora.
Interpretazione indiscussa che lo porta alla fama mondiale rimane però quella da protagonista nel film Truman Capote - A sangue freddo (tratto da una storia reale ed ispiratosi sulla cronaca di un brutale omicidio di una famiglia sterminata in una piccola cittadina americana, raccontata dallo scrittore Truman Capote appunto).
Grazie all'interpretazione di Truman, Hoffman, riceve diversi premi internazionali e tra questi anche l'Oscar come migliore attore protagonista, oltre al British Academy of Film and Television Arts.
Nel 2000 gli viene anche consegnato il Tony Award come migliore attore di teatro.
Subito dopo l'Oscar per Truman arrivano anche le altre nomination negli anni, come quella nel 2008 per il film La guerra di Charlie Wilson o ancora nel 2009 per il film Il dubbio (accanto a Meryl Streep) e quella del 2012 per Le idi di Marzo.
Nel 2010 debutta alla regia con il suo Jack Goes Boating, una commedia in cui è anche il protagonista e che si ispira alla piéce teatrale di Bob Glaudini.
Hoffman lascia un vuoto incolmabile nella cinematografia hollywoodiana e nei teatri americani.
Con lui scompare uno dei volti più espressivi e rappresentativi del fare arte seriamente (e non è cosa da poco se si pensa ad una Hollywood con tanto di attori che sono solamente bellocci e che non hanno alcuna mimica facciale) e (visto che proprio non molto tempo fa avevo visto il film su Truman Capote in Tv e che ne consiglio vivamente la sua visione ad un pubblico adulto ovviamente per via delle immagini violente che possono comparire ad un certo punto del film) una persona davvero straordinaria e poliedrica.
Il post di oggi è pertanto un piccolo omaggio ad un grande Attore (doverosa la A maiuscola) e ad un grande uomo (che purtroppo si è lasciato andare alla tentazione della droga).

 

Fonti ed Immagini reperibili su:

http://www.vivacinema.it/foto/philip-seymour-hoffman_382_7.html

Wikipedia alla voce Philip Seymour Hoffman.

http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2014/02/02/news/morto_philip-seymour-hoffman-77545376/