Iniziamo

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martedì 11 marzo 2014

Il canto delle manére. Il libro sorprendente di Mauro Corona.

Il primo libro che ho letto di Mauro Corona (il famoso scrittore e scultore ligneo, di origine friulana, per l'esattezza di Erto, classe 1950) è stato quello che mi avevano regalato tempo fa e che è intitolato "Storia di Neve".
Con quel libro è stato amore a prima vista, tanto che lo conservo ancora e ne rileggo di tanto in tanto qualche pagina (la prima volta lo avevo invece letto tutto di un fiato per la sua straordinaria capacità narrativa).
Da quel libro in poi il rapporto con questo autore si è fatto complesso perché, subito dopo aver letto altre sue opere, ho imparato che con i suoi romanzi vi è un equilibrio fragile che certe volte ti spinge ad amarlo altre invece a trovarlo noioso, una sorta di giostra che ti porta su e giù senza capire bene la direzione in cui andare.
Ripeto che questo sentimento non è avvenuto sempre ma a tratti altalenanti, infatti nel post di oggi voglio descrivere invece bene di un altro suo romanzo che ho appena concluso e che, come mi è capitato con Storia di Neve, mi ha fatto innamorare, parlo di: Il canto delle Manére.
Edito da Mondadori (nella sezione Numeri Primi) nel 2009, il romanzo narra la storia del boscaiolo Santo Corona detto "della Val Martin" la cui vita sarà segnata dalle decisioni di gioventù e dai luoghi di origine oltre a quelli in cui viene costretto a scappare per un breve periodo di tempo.
Si legge nel trafiletto di introduzione al libro:

Sa bene quanto sia pericoloso il suo mestiere Santo Corona della Val Martin, il più grande dei boscaioli, inseparabile dalla sua manéra, l'ascia che per lui e tutti gli altri taglialegna è come la spada per il samurai.
Santo della Val è il classico eroe vittima del proprio orgoglio: per orgoglio si costringe ad abbandonare il paese natale e a errare nell'Esempòn - ovvero in terra straniera -, randagio per boschi dell'Austria, per orgoglio deve alzare ogni volta la posta delle sue sfide, per orgoglio rinuncia all'amore, per orgoglio è destinato a non trovare mai pace.
Ma l'esilio amaro sarà temperato dagli incontri con una comunità di scrittori che, in una sorta di valle dell'Eden, mostreranno a Santo, sia pur per un attimo breve, come la vita possa essere anche altro da un perenne, velenoso agone.

Già solo dall'introduzione l'immagine del lettore viene catturata e posta in concentrazione sulla figure di quest'uomo, definito eroe, che lotta con le sue forze contro un destino che gli è avverso fin dalla nascita.
Rimasto infatti orfano ed allevato dai nonni, Santo, cresce imparando il duro mestiere di boscaiolo sotto la custodia di un suo angelo personale, lo "zio" (chiamato così non perché parente ma per affetto) Augusto Peron.
Diventato uomo, Santo, affronta il dolore delle perdite più care (i nonni prima ed alcuni amici poi) ritrovandosi in mezzo ad una guerra sanguinosa scoppiata tra boscaioli per affari, conosce anche l'amore per breve periodo prima di venir preso da tradimento e da una folle gelosia che lo porta a compiere un delitto che lo segnerà a vita e che lo porterà a scappare in Austria dove se ne costruisce una nuova. Ma il suo carattere ribelle e prepotente lo porterà a ricommettere all'incirca gli stessi errori e solo la conoscenza con il mondo intellettuale, ed in particolare l'amicizia stretta con lo scrittore Hugo Von Hofmannsthal, lo porterà ad arricchirsi più spiritualmente che materialmente.
Il canto delle manère narra una storia che raccoglie in sé tutti gli elementi della narrazione perfetta: un uomo, il protagonista, dal carattere difficile, duro, che con le decisioni che prende ungo il percorso della sua vita la trasforma a sua volta in bene o in male; le ambientazioni magiche e profonde dei boschi e tutto lo spettacolo che madre natura sa offrire; l'amore, il tradimento, la gelosia; tutti gli altri sentimenti che contornano le pagine e che rientrano nell'animo dell'essere umano e poi il finale (che qui ovviamente non racconto) che sorprende.
Riuscirà Santo a cambiare il proprio destino ? Oppure ne rimarrà vittima ? Trionferà la ragione o la cecità di certe azioni ?
Scritto nel più classico dello stile di Corona, ovvero a tratti crudo e veloce (in particolare nella fredda descrizione delle morti dei boscaioli per incidenti sul lavoro) altri invece lento e suggestivo (soprattutto nella descrizione dei luoghi o dell'amore), il libro merita di essere letto non solo dagli amanti della natura e dei boschi ma anche da chi ha voglia di imparare qualcosa dalla vita, perché tante sono le perle di saggezza che il libro offre a chi vuol ben comprenderlo.
Con questo e tutto non svelo altro, a chi lo leggerà chiedo solo di prendersi i giusti tempi, le giuste pause e le giuste riflessioni.

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